sabato 31 luglio 2010

UNIVERSITA', RIFORMA EPOCALE: ABOLITI I PRECARI!



Con il voto a maggioranza in Senato, il DDL Gelmini di cosiddetta riforma dell'Università si appresta a marciare spedito verso la meta finale. Non quella di migliorare il sistema universitario, naturalmente, ma quello di liberare il paese di un'intera generazione di ricercatori precari (almeno ventimila) che in questi anni hanno condotto ricerche di alto livello, spesso tappato i buchi della didattica e del funzionamento basilare degli atenei gestendo tesi di laurea e commissioni d'esame, malpagati, senza certezze, e che, dal prossimo autunno, si sentiranno dire "che volete farci? siete troppo vecchi...". La legge Gelmini risolve il problema dei precari spazzando via i precari. Nei prossimi 6 anni per gli attuali ricercatori di ruolo saranno infatti previste promozioni a professore associato riservate, mentre per i giovanissimi che in questo momento stanno accadendo al livello del dottorato si prevede la strada (ancora piuttosto indefinita) degli assegni di ricerca (4 anni max), dei posti da ricercatore a tempo determinato che dopo tre anni + due anni più tre anni di contratti TD al ruolo di associato, ma stando ben atenti a non collezionare piu' di 10 anni di assegni e contratti in totale senno' si casca fuori dalla giostra.... Per gli attuali assegnisti, borsisti, docenti a contratto, la cui età media si aggira attorno ai 35 anni e la cui "anzianità" di servizio è mediamente di sei anni dopo il dottorato, l'orizzonte del futuro è quasi privo di speranza: blindati i concorsi riservati per il personale di ruolo; ragionevolmente, poche speranze di poter attendere ancora (sei anni? otto anni?) per partecipare alle selezioni di ruolo (la cosiddetta tenure track) riservate ai futuri ricercatori a tempo determinato. Che rimane, per alcune migliaia di 35enni/quarantenni, di alto livello e con ottime produzioni scientifiche, se non la fuga all'estero o l'abbandono della ricerca per un altro lavoro (se possibile, vista l'età e la superqualificazione)? 
E' chiaro l'obiettivo politico di cancellazione della generazione dei ricercatori non strutturati sotteso dalla legge Gelmini.
Perché, altrimenti, non prevedere ALCUNA FORMA DI NORMA TRANSITORIA, che permetta a chi ha già maturato anni di ricerca ad alto livello (e sia in possesso di un curriculum adatto) di poter concorrere direttamente alle posizioni per il triennio tenure track, una volta acquisita l'idoneità nazionale (si noti che questo e' previsto solo per una particolarissima e ristrettissima categoria di precari storici, i TD ex legge Moratti... l'ennesima norma ad personam)?
Inoltre il suddetto "limite dei 10 anni" oltre i quali si e' fuori dai giochi, condivisibile per limitare il precariato in futuro, per come formulato ha anche valore retroattivo! 
La legge Gelmini, così come è concepita, RISOLVE IL PRECARIATO ABOLENDO I PRECARI e non lo fa selezionando per merito, ma eliminando dalla competizione proprio quelli che non hanno alternative, se non l'espatrio: quei ventimila ricercatori (ancora) giovani che hanno fin qui consentito di costruire un futuro per la qualità dell'insegnamento universitario e per la ricerca nazionale.
C'e' qualcuno, dentro il Parlamento, nella maggioranza e nell'opposizione, a cui ancora frega qualcosa del destino della cultura, della formazione e dell'alta ricerca del Paese ed e' in grado di ripensare l'attuale legge di riforma? 
Non si tratta di fare alcuna sanatoria,
NESSUNA OPE LEGIS. Ci siamo sempre battuti contro ogni forma di stabilizzazione di massa senza merito, una pericolosa forma di degrado del sistema universitario richiesta, pure, a gran voce, da molti segmenti del mondo accademico.
Diamo a (molte) migliaia di ottimi giovani ricercatori precari almeno la possibilità di competere, per continuare a svolgere il loro mestiere, per non impoverire la nostra università e per non danneggiare l'Italia.

sabato 24 luglio 2010

La Stasi non va in vacanza: gli emendamenti al DDL in Senato

- Spezzettamento dei ricercatori a tempo determinato in due tipi, uno senza e uno con tenure-track (indovinate le università quale di questi due tipi di contratto prediligerano?)
- Via le chiamate degli "esterni" nei primi 6 anni (inzialmente 2/3 nel testo originario, poi diminuiti a 1/2 e ora a 1/5 ma senza sanzioni per gli atenei che non rispettano nemmeno questo bassissimo limite)
- Via libera alla "chiamata diretta irresponsabile" (chiamata diretta senza assunzione di responsabilità da parte della struttura che effettua la chiamata) per tutte le posizioni da professore
- Accolte le richieste CRUI: circa 6000 concorsi per promozioni di carriera nei primi 6 anni, ma senza copertura finanziaria
- Anche la Lega Nord propone un emendamento a favore del pensionamento degli ultra 65-enni, ma solo per i professori neo-assunti

Queste alcune delle maggiori novità dei primi emendamenti del DDL della Riforma Universitaria in discussione in questi giorni in Assemblea al Senato, disponibili a questo link. Mancano quelli del Governo.
Da segnalare che, oltre all'emendamento del PD per l'abbassamento dell'età pensionabile a 65 anni, anche la Lega Nord (Sen. Pittoni) propone un emendamento in questa direzione anche se solamente ai professori assunti con la nuova legge (quindi l'effetto sarebbe quasi nullo).
Inoltre, molte delle richieste della CRUI risultano sostanzialmente accolte. Per esempio, nelle norme transitorie si prevede che gli Atenei che nei 6 anni successivi all'entrata in vigore della legge, gli Atenei debbano prevedere la messa a concorso di circa 6000 posti da professori associato con cofinanziamento del MIUR (emendamento del Relatore).
Infine vale la pena segnalare anche la presenza di tantissimi emendamenti-sanatoria, specialmente a favore dei ricercatori a tempo indeterminato, ma anche ai professori a contratto o a un fantomatico "personale tecnico-scientifico" (???).

Ma è probabilmente la riscrittura dell'articolo sui ricercatori a tempo determinato, a opera del Relatore del DDL (Sen. Valditara), la novità più rilevante per quanto ci riguardo.. Le modifiche sono molte. Alcune sono positive, come una tenure-track più vincolata e con maggiori garanzie, ed il fatto che non si possa inserire un "profilo scientifico" se non tramite l'indicazione del settore scientifico-disciplinare. Tuttavia queste correzioni rischiano di essere del tutto inutili, dato che il percorso di ricercatore a tempo determinato viene completamente rivisto. E' previsto infatti che i contratti da ricercatori a tempo determinato siano divisi in due tipologie: la prima, senza tenure-track (contratti da 1 a 3 anni) e quindi senza alcuna garanzia; la seconda con "vera" tenure-track. Ma a questa seconda tipologia può accedere solamente chi ha usufruito 3 anni nella prima tipologia o in anaologhi contratti all'estero o in contratti legge Moratti (vergognoso, dato i modi con cui vengono banditi e assegnati tali contratti!). In pratica per accedere ai contratti con tenure-track non conta il merito ma la mera anzianità.
Ma il problema principale, a parte uno spezzettamento e allungamento del precariato, è che verosimilmente gli atenei bandiranno tanti concorsi nella prima tipologia e pochissimi concorsi nella seconda, rendendo ancora più incerto il precariato.
Questo l'emendamento:

«Art. 18.
(Ricercatori a tempo determinato)
1. Per svolgere attivita` di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le universita` possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il contratto stabilisce altresı`, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalita` di svolgimento delle attivita` di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonche´ delle attivita` di ricerca.
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle universita` con regolamento ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla Raccomandazione della Commissione delle Comunita` europee n. 251 dell’11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri:
a) pubblicita` dei bandi sul sito dell’ateneo e su quelli del ministero e dell’unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o piu` settori scientificodisciplinari; informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale;
b) ammissione alle procedure dei possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, ovvero, per i settori interessati, del diploma di specializzazione medica, nonche´ di eventuali ulteriori requisiti definiti nel regolamento di ateneo, con esclusione dei soggetti gia` assunti a tempo indeterminato come professori universitari di prima o di seconda fascia o come ricercatori, ancorche´ cessati dal servizio. E` richiesto il superamento di una prova di adeguata conoscenza di almeno una lingua straniera;
c) valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo dei candidati, con attribuzione di un punteggio numerico accompagnato da sintetica motivazione per ciascuno dei titoli e delle pubblicazioni presentati dai candidati secondo parametri e criteri definiti con decreto del Ministro;
d) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima e di seconda fascia e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione.
4. I contratti hanno le seguenti tipologie:
a) contratti di durata compresa tra uno e tre anni, rinnovabili previa positiva valutazione delle attivita` didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalita`, criteri e parametri definiti con decreto del ministro; i predetti contratti possono essere stipulati con il medesimo soggetto, anche in sedi diverse, per un periodo complessivamente non superiore a cinque anni;
b) contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati che hanno usufruito per almeno tre anni, anche non consecutivi e in sedi diverse, dei contratti di cui alla lettera a), ovvero di analoghi contratti in atenei stranieri.
5. I contratti di cui al comma 4, lettera a), possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito, con un impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attivita` di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, pari rispettivamente a trecentocinquanta ovvero duecento ore. I contratti di cui alla lettera b) sono stipulati esclusivamente con regime di tempo pieno.
6. Nel terzo anno di contratto di cui al comma 4, lettera b), l’universita` valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 14, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell’articolo 15. In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, e` inquadrato nel ruolo dei professori associati. Le procedure si svolgono in conformita` agli standard qualitativi individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro. La programmazione di cui all’articolo 15, comma 2, assicura la disponibilita` delle risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione. L’espletamento del contratto costituisce titolo preferenziale nell’ammissione ai concorsi nelle pubbliche amministrazioni.
7. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, le procedure di cui al comma 6 possono essere utilizzate per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’universita` medesima, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 14. A tal fine le universita` possono utilizzare le risorse corrispondenti fino alla meta` dei posti disponibili di professore di ruolo. A decorrere dal settimo anno l’universita` puo` utilizzare le risorse corrispondenti fino alla meta` dei posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate di cui al comma 6. Ai procedimenti di cui al presente comma e` data pubblicita` sul sito dell’ateneo.
8. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 16, comma 8.
9. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 4, lettera a) e` pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a seconda del regime di impegno. Per i titolari dei contratti di cui al comma 4, lettera b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo e` pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del trenta per cento.
10. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.
Conseguentemente:
all’articolo 22, dopo il comma 3, inserire il seguente:
«3-bis. Le disposizioni di cui all’articolo 18, comma 4, lettera b) si applicano altresı` a coloro che hanno usufruito dei contratti stipulati ai sensi dell’articolo 1, comma 14, della legge n. 230 del 2005».
Sostituire il comma 8, con il seguente:
«8. Fino all’anno 2015 la laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attivita` di ricerca, e` titolo valido per la partecipazione alle procedure pubbliche di selezione relative ai contratti di cui all’articolo 18».

sabato 17 luglio 2010

E ORA FALLO!!!!!!



In una intervista Maria Stella Gelmini si rende finalmente conto che il pensionamento a 65 anni dei prof universitari è l'unica strada per riequilibrare il sistema universitario italiano dal punto di vista dei bilanci e dell'età di ingresso nei ruoli accademici!!!! http://www.stampa.cnr.it/RassegnaStampa/10-07/100717/SVEST.tif

Bene, è quindi il momento che il suo Governo si attivi per ripresentare questa proposta (già avanzata dal PD e bocciata in commissione) sulla quale non può che trovare un ampio e bipartisan consenso.

Nella stessa intervista non manca di bollare chi protesta come il solito manipolo di facinorosi...
A tal proposito, una rete trasversale di coordinamenti e associazioni ha promosso una petizione per contestare il documento CRUI sull'ope legis per i ricercatori strutturati che vogliono diventare prof associati per mera anzianità.

sabato 10 luglio 2010

LA FINE (Forse)

Ultim'ora dal Sole24Ore:

Tra le novità dell'ultima ora approvate in tarda serata Commissione spuntano anche la possibilità di derogare al numero massimo di alunni che comporranno le classi delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado in presenza di alunni con disabilità. I professori universitari prossimi alla pensione potranno restare a ruolo per altri tre anni, presentando apposita istanza entro il prossimo 1° novembre 2010. I compensi saranno pari a quanto avrebbero preso di pensione e saranno a carico delle Università.

Se la notizia fosse confermata (il resoconto dei lavori in commissione non è aggiornato sul sito del Senato, dato che oggi è sabato) sarebbe la fine. Se è vero, occorre una mobilitazione straordinaria a tutti i livelli. Non arrendiamoci.

Ore 00:35. Piccola speranza: il sito del TG1 (non ridete, c'è da piangere) riporta:

"I professori universitari prossimi alla pensione, che prestano servizio nelle università private, potranno restare a ruolo per altri 3 anni, presentando richiesta entro il primo novembre. I compensi saranno pari all'assegno di pensione e a carico delle Università."

Secondo questa interpretazione, la norma non varrebbe dunque per le università pubbliche. Stiamo a vedere cosa succede.

mercoledì 7 luglio 2010

L'occasione perduta del DDL e i ricercatori precari


E' apparsa ieri sul sito del quotidiano La Repubblica una lettera aperta sottoscritta da professori italiani di fama internazionale sul DDL governativo di riforma del sistema universitario attualmente in discussione in Parlamento.


La lettera offre una critica costruttiva del progetto di riforma, individuando alcuni punti dolenti del disegno di legge sui quali anche l'Associazione dei Precari della Ricerca da tempo mette l'accento:

- la sovra-regolamentazione dall'alto e il rischio conseguente di compromettere l'autonomia di governo delle università;

- la centralizzazione dei processi decisionali nelle università, a beneficio esclusivo dei rettori e a scapito dell'autonomia e del protagonismo delle unità di ricerca di base;

- lo scarso peso dato alla valutazione come criterio-guida nella distribuzione dei finanziamenti pubblici alle università.

La riduzione degli spazi di autonomia dei dipartimenti e delle unità di ricerca di base ha conseguenze dannose innanzitutto per i ricercatori non strutturati precari che in queste strutture possono far sentire la propria voce e far pesare i risultati scientifici conseguiti a livello individuale e di gruppo.

Inoltre, come già più volte evidenziato, il DDL introduce meritoriamente un percorso tenure-track di accesso alla docenza universitaria, ma lo fa in modo vago e ambiguo, non fondandolo su solide basi meritocratiche e non garantendo i futuri ricercatori a tempo determinato di un'effettiva autonomia scientifica e di carriera.

Infine, i lavori della Commissione Cultura in Senato hanno peggiorato l'originario DDL del governo, introducendo obsolete corsie preferenziali di accesso alle due fasce della docenza universitaria per ricercatori e professori associati in ruolo.

Le criticità e le debolezze del DDL minano alla base le intenzioni riformatrici che presiedono al progetto governativo di riforma del sistema universitario e rischiano di vanificare ancora una volta la speranza che l'Italia diventi finalmente un paese"normale" in questo settore di rilevanza strategica.