venerdì 22 ottobre 2010

LA VERITA' TI FA MALE LO SO




PER FARE CHIAREZZA:
COMUNICATO APRI SUL DDL E GLI AVANZAMENTI DI CARRIERA


I famosi 9000 posti di cui tanto si parla in questi giorni con riferimento alla riforma dell'Università, contrariamente a quanto sostenuto da tutti, servono per la promozione, ope legis, dei ricercatori a vita - e non certo dei ricercatori precari - a professori associati.
Per molti di loro, per altro, passare ad associato è perfino sconveninete da un punto di vista economico, perché gli diminuisce lo stipendio, e dunque è solo una questione di vanità.
Quindi, anche se questi 9000 posti non saranno finanziati - il che sarebbe un bene, perchè la vera esigenza sociale che bisognerebbe risolvere con i pochi fondi a disposizione è quella dei ricercatori precari, che presto rimarranno in mezzo ad una strada - i ricercatori non perderanno affatto il posto di lavoro, ma continueranno ad essere ricercatori a vita - del resto, non vengono dispensati dal servizio mai: neppure quando è conclamato il loro stato di totale INATTIVITA', e questo è davvero un privilegio odioso -, spesso con uno stipendio più alto, non solo degli associati, ma perfino degli ordinari, più giovani di loro.
Dunque, la verità è che la riforma - cha a noi comunque non piace, proprio perchè penalizza gli unici poveri dell'Università, ovverosia i precari - è stata bloccata principalmente perchè non ci sono i soldi per fare una cosa ingiusta e dannosa.
D'altronde, prorio non si capisce perchè, nell'Università, tutti si stracciano le vesti al solo ricordo dell'ope legis, mediante abilitazione, degli anni Ottanta, con cui furono promossi, a professori associati, i "ricercatori" di allora, e allo stesso tempo, però, si stracciano le vesti pure perchè, a distanza di trent'anni, c'è forse il rischio che, per mancanza di fondi, non si ripeterà quel madornale errore, promuovendo ope-legis, mediante abilitazione, a professori associati, i ricercatori di ora.

giovedì 14 ottobre 2010

E CHE SO' PASQUALE IO?

In un famoso sketch a Studio Uno, Totò raccontava di un energumeno che lo aveva picchiato al grido "Pasquale, maledetto, ti uccido". Alla domanda "Ma perchè non hai reagito", Totò concludeva: "E che me frega, e che so' Pasquale io?".
Una cosa del genere forse l'hanno pensata parecchi precari quando hanno visto i giornali di stamani (ma anche di ieri). Infatti, lo stop che la commissione Bilancio ha imposto all'iter del DDL Gelmini (non c'è copertura finanziaria per i 1,7 MLD di € che servono a pagare i 9000 nuovi docenti promessi ed anche per altre spesucce che il DDL licenziato dalla Commissione Cultura aveva previsto) ha scatenato una ridda di commenti allarmati da parte di quasi tutte le testate. E l'allarme appare, secondo l'opinione dei nostri giornalisti, davvero serio: si rischia di perdere 9000 ricercatori e di non dare lavoro a 9000 precari (!). Oddio santo! Ma è vero?
Ecco le simpatiche sviste di alcuni organi di stampa:
Peccato, però, che i famosi 9000 docenti da assumere siano in realtà dei Professori Associati, e che, secondo la norma stessa del DDL, fino al 50% (leggi: esattamente il 50%) possono essere (leggi: saranno) attribuiti per promozione di ricercatori a tempo indeterminato già in servizio nella stessa università. Per cui, 4500 posti non sono certo appannaggio di precari, ma di gente che è già in ruolo e che rimarrà nella stessa Università.
E gli altri 4500? Teoricamente sono "liberi". Possiamo stimare, tuttavia, che almeno 1000 se ne andranno in idonei ad associato dai recenti concorsi della I e II sessione 2008, al 99.99% ricercatori a tempo indeterminato (se scovate qualche precario idoneato segnalatecelo per favore, vorremmo prelevare il suo DNA per vedere se è umano). E gli altri 3500? Beh, considerando che:
a) promuovere un ricercatore ad associato costa circa 2/7 che fare un associato da un precario;
b) i primi tenure track arriveranno solo dopo 3 anni dall'entrata in vigore della legge (e possono essere al max 600-700 perchè derivano dai vecchi RTD Moratti ex legge 230), ovvero possono sfruttare solo 3 dei 6 anni di reclutamento straordinario;
è facile capire che di precari assunti ce ne saranno pochetti. Ed è un peccato, perchè siamo sicuri che tra le svariate migliaia di precari che sono presenti in Italia ce ne sono parecchi molto più meritori scientificamente di tanti ricercatori a tempo indeterminato già in forza all'università che adesso potranno approfittare di norme "su misura" e finanziamento "agevolato" (se passa il DDL). Il tutto, al solito, alla faccia del merito.

martedì 12 ottobre 2010

art. 624 bis C.P.


C'era una volta il reclutamento straordinario finanziato dal "fu" Fabio Mussi: circa 4000 posti RTI suddivisi in tre tranches per riequilibrare le geometrie di quella strana piramide cilindrica coi fianchi grossi che rappresenta gli strutturati universitari italiani.
Un tocco di bacchetta e i 4000 posti divennero magicamente circa la metà; una parola magica ed alcuni atenei si accaparrano i fondi della II tranche (vincolati) senza bandire alcun posto ed utilizzandoli come incremento del FFO (Tor Vergata, Trento,....); infine, la più potente delle tre Maledizioni Senza Perdono, conosciuta anche come "l'Anatema che Uccide"….l'Avara Kedavra!
Ed ecco che, appunto, come per magia, succedono tre cose incredibili:
1) molti Atenei, pur avendo avuto un anno di tempo per bandire ed avendo incorporato i fondi, non hanno ancora bandito i posti della III tranche Mussi per circa il 65% del totale finanziato;
2) vengono respinti gli emendamenti al DDL Gelmini del PD grazie ai quali sarebbero state previste norme transitorie che avrebbero permesso di bandire posti RTI a DDL approvato fino all'emanazione dei decreti attuativi (cha vai a sapere quando verranno emanati)…;
3) viene indetta dal MIUR la I Sessione 2010 (ieri) che formalizza la chiusura delle porte del treno ed il fischio del capostazione: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.

In pratica, cari tutti, per chi ancora non l'avesse capito, sic stantibus rebus, dal giorno successivo all'approvazione del DDL per gli atenei NON E' PIU' POSSIBILE BANDIRE POSTI RTI.

lunedì 11 ottobre 2010

DOCUMENTO DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI PRECARI DELLA RICERCA E DELLA DOCENZA DELLE UNIVERSITA’ (CPU)



Dopo l'assemblea dell'8 ottobre a Bologna, numerose rappresentanze "locali" dei precari universitari (APRI non aderisce) provano a costituirsi in un coordinamento nazionale. E lanciano le proposte che trovate elencate qua sotto. A voi i commenti.

Noi, lavoratori precari della ricerca e della didattica vogliamo portare l'attenzione pubblica sulle
difficili condizioni di lavoro nelle università italiane. Da anni svolgiamo attività di ricerca e di
insegnamento sottopagate e senza diritti che contribuiscono in modo determinante al
funzionamento degli atenei, eppure nelle proposte di legge, sulla stampa, nelle politiche d’ateneo,
restiamo sempre dei fantasmi mai ufficialmente riconosciuti.
Diritto allo studio, diritto al lavoro, pari opportunità tra i sessi, libertà di insegnamento e di
apprendimento: questa è l'università che vogliamo. Siamo convinti che l’università debba
riformarsi democraticamente e dal basso, per offrire alla società italiana didattica di qualità, ricerca
talentuosa ed un ruolo di costante e autonomo osservatorio critico. Vogliamo un’università che
non crei fratture sociali o territoriali tra studenti e lavoratori, che non sfrutti il lavoro con
contratti umilianti e privi di tutele, che non offra alle nuove generazioni come scelta unica il
precariato a vita.
Le politiche del governo e la presunta “riforma” dell’università vanno in direzione opposta:
• intere generazioni di precari universitari vengono semplicemente cancellate dalla prevista
abolizione della figura del ricercatore a tempo indeterminato e la sua sostituzione con
contratti a tempo privi di garanzie, ben lontani dalla propagandata “tenure track”;
• decine di migliaia di noi sono a rischio di non poter proseguire i propri rapporti di lavoro a
causa degli inaccettabili limiti temporali e anagrafici per assegnisti e ricercatori TD e dei
tagli (1 miliardo e 350 milioni di euro) che stanno devastando l’università italiana; già nei
mesi passati svariate migliaia di collaboratori, co.co.co e docenti a contratto sono stati
epurati per mancanza di fondi e lasciati privi di ammortizzatori sociali;
• attraverso l’istituzione del rettore-padrone e l’introduzione dei privati nei CdA vengono
indebolite le strutture democratiche d’ateneo;
• si concede al Ministero dell’Economia una delega in bianco per la valutazione e il
finanziamento degli atenei;
• si trasforma il diritto allo studio in indebitamento preventivo degli studenti, aggravando le
disuguaglianze sociali e territoriali.
Non è un caso che il DdL Gelmini sia sostenuto dalla CRUI, associazione privata che riunisce le
componenti accademiche maggiormente responsabili delle tante distorsioni dell'università attuale.
Noi chiediamo una vera riforma dell'università che comprenda inscindibilmente i seguenti 5
punti, già articolati nel documento introduttivo dell’assemblea:
• un contratto unico pre-ruolo di ricerca e didattica, di durata almeno biennale e senza
limiti di rinnovo, in sostituzione dell’attuale giungla di contratti precari
• l'introduzione di un ruolo unico della docenza articolato in 3 livelli
• il rilancio del reclutamento, attraverso concorsi, per nuove posizioni di ricerca e
docenza a tempo indeterminato
• l'adeguamento dell'età pensionabile dei docenti universitari allo standard europeo di
65 anni anche al fine di recuperare risorse esclusivamente per il reclutamento
• l’introduzione di un sistema di welfare e tutele sociali per tutti i precari
Il DdL Gelmini si inserisce in un disegno di restaurazione della nostra società, basato sullo
sfruttamento del lavoro precario e non tutelato, sul quale vengono scaricati i costi delle crisi. Per
questo ci sentiamo accomunati ai lavoratori precari "scaduti", ai precari della scuola e ai precari del
pubblico impiego che nel 2011 subiranno i tagli imposti dall'ultima manovra economica, così come
ai lavoratori in cassa integrazione e mobilità, e a tutti i lavoratori a rischio di licenziamento. Allo
stesso modo ci sentiamo vicini al movimento studentesco, che proprio in questa giornata sta
manifestando massicciamente in oltre 80 città italiane.
PER DOTARCI DI UNA NOSTRA SOGGETTIVITÀ, PER SOSTENERE CON MAGGIORE FORZA LE NOSTRE
RICHIESTE, PER COORDINARE LE NOSTRE INIZIATIVE NAZIONALI E LOCALI, ABBIAMO DECISO DI
DARE VITA AD UNA STRUTTURA DI COORDINAMENTO, SOTTO LA SIGLA COORDINAMENTO DEI
PRECARI DELLA RICERCA E DELLA DOCENZA – UNIVERSITA’, C.P.U. Come prime decisioni del
nostro coordinamento,
aderiamo:
- al presidio di protesta contro il DdL Gelmini indetto per il 14 ottobre a Montecitorio,
invitando coloro che non potranno essere presenti a Roma ad organizzare sit-in presso i
rettorati, da realizzare in accordo con tutte le componenti universitarie a partire dagli
studenti;
- al corteo della FIOM del 16 ottobre, dove saremo presenti insieme a studenti e lavoratori
dell'università e della scuola con uno spezzone di precari della ricerca e della didattica;
- all'assemblea indetta dalle realtà studentesche romane per il 17 ottobre.
chiediamo con urgenza:
- l'abolizione dei limiti temporali e anagrafici di accesso e di rinnovo per i contratti precari
universitari;
- lo sblocco del turnover e il recupero delle posizioni già perse a causa del blocco;
- la cancellazione delle tasse per i dottorandi senza borsa e lo stanziamento di maggiori risorse
per le borse di dottorato;
- che le università smettano di versare le quote associative alla CRUI, corrispondenti ad
oltre 1,5 milioni di €uro annui provenienti dai propri bilanci, in quanto la ”associazione
CRUI” ha cessato definitivamente di rappresentare gli interessi dell'università pubblica; le
somme recuperate dovrebbero essere utilizzate per il rifinanziamento dei servizi d’ateneo
tagliati a causa delle difficoltà economiche degli ultimi;
- a tutti gli organi di governo degli atenei di pronunciarsi contro il DdL Gelmini e contro il
sostegno della CRUI a questo provvedimento;
- a tutti i rettori e presidi di non bandire contratti esterni per sostituire i ricercatori strutturati
indisponibili.
ci proponiamo:
- di rifiutare e condannare ogni forma di lavoro gratuito o a retribuzione simbolica e di
sensibilizzare i colleghi precari verso questa importante posizione di principio ed efficace
forma di protesta;
- di costruire iniziative locali contro il DdL Gelmini, per rivendicare il nostro diritto ad essere
rappresentati negli atenei e per sostenere piattaforme rivendicative mirate a migliorare la
nostra condizione di lavoro e di vita;
- di coordinarci con i precari della scuola per proporre e realizzare insieme una giornata di
mobilitazione nazionale contro i tagli all'istruzione e contro il progetto governativo di
smantellamento dell'istruzione pubblica.

sabato 9 ottobre 2010

Mario Pepe e la macelleria generazionale

Chi è Mario Pepe (PdL) ? (da non confondere con l'omonimo deputato del PD)

Nato a Bellosguardo (Sa) il 9 dicembre 1951, laureato in medicina e chirurgia (specializzazione in endocrinologia), militante nelle file del PdL, è eletto nel 2008 nella circoscrizione XX (Campania 2), già deputato in due precedenti legislature.

Mario Pepe è anche ricercatore universitario, vincitore di un concorso per ricercatore all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" alla tenera età di 50 anni (i verbali sono online: link).

Forte della sua esperienza nell'Accademia, per evitare alle future generazioni il disagio di dover aspettare fino a 50 anni per diventare ricercatori, Mario Pepe ha deciso di presentare un emendamento al DDL Gelmini in cui si stabilisce il limite di età di 35 per diventare ricercatore a tempo determinato (figura che dopo la riforma andrà a sostituire quella del RTI). Ecco l'emendamento (reperibile a questo link):
Proposta emendativa pubblicata nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 05/10/2010
21.7. Al comma 2, lettera b) sostituire le parole: È richiesto, con le seguenti: È richiesta un'età non superiore a 35 anni.
Pepe (PdL) Mario
L'On. Pepe ha brillantemente motivato il suo emendamento con queste parole (fonte: pag. 66 di questo pdf):



«Occorre prevedere uno sbarramento del limite di età per accedere al concorso di ricercatore, anche per evitare che il ruolo diventi terreno di conquista per altri funzionari dello Stato.» (altri oltre a lui?)
Sempre secondo Pepe (fonte: link):
«i dottorati di ricerca sono «presi di mira» da alti dirigenti che vogliono «essere distolti» dalle loro funzioni e che occorrerebbe quindi prevedere un limite di età per l'accesso ai posti di ricercatori.»
L'emendamento Pepe non è passato, ma non è stato nemmeno respinto: l'Onorevole non demorde e ne ha chiesto l'accantonamento per riproporlo, forte anche di alcuni commenti favorevoli ottenuti durante la discussione e non solo da membri della sua maggioranza.

Invitiamo pertanto i nostri lettori a diffondere questa notizia per rendere edotti gli elettori di questo sfortunato Paese (in particolare giovani trentenni) ed i principali mezzi di stampa delle interessanti iniziative legislative di questo deputato e dell'appoggio che sembra ricevere da diversi gruppi politici. Chi vuole può anche inviare un commento (educato, mi raccomando)
allo stesso Pepe usando l'apposito form sul sito della Camera cliccando qui. Non siate timidi e scrivete numerosi!


Vorremmo inoltre segnalare come l'Onorevole Pepe nella sua attività parlamentare non si preoccupi solo dei problemi dei "giovani", ma cerchi anche di "regolamentare" varie questione per i "vecchi", per esempio si è occupato di proporre di eliminare la possibilità di pre-pensionare i ricercatori a tempo indeterminato con 40 anni di contributi. (reperibile in questo link).

Ma soprattutto si è anche prodigato a presentare questi due (e dico due!) emendamenti quasi identici (primo emendamento e secondo emendamento ) secondo cui i ricercatori a tempo indeterminato (categoria della quale l'Onorevole Pepe fa parte) con 6 anni di attività didattica "che possano documentare una produzione scientifica in linea con i criteri qualitativi e quantitativi individuati da apposito decreto del Ministro" vengono inquadrati nel ruolo di professori associati.

giovedì 7 ottobre 2010

L'Università Italiana e i "falsi invalidi"

Si parla in questi giorni di un accordo per accelerare la riforma Gelmini: seimila nuovi posti da professore associato per venire incontro alle esigenze dei ricercatori a tempo indeterminato (link a La Stampa). Premesso che fa tenerezza il fatto che il Ministro si preoccupi delle (in alcuni casi legittime) aspirazioni di chi ha un posto fisso, ma ignori completamente il problema dei numerosi precari (stimati dall'AIR in 73.000 unità, fonte) che probabilmente saranno costretti a cambiare mestiere. La domanda che sorge spontanea è: quanti di questi RTI hanno i titoli per aspirare a diventare associati, o addirittura per ricoprire il ruolo di ricercatori?

Come alcuni di voi sapranno, infatti, i ricercatori ed i professori universitari devono presentare ogni tre anni al consiglio di Facoltà una relazione sulla loro attività didattica e scientifica per consentire una verifica periodica ed una valutazione del loro lavoro. Ebbene sembra che ci sia una percentuale consistente di strutturati il cui rendimento è ritenuto inadeguato dal loro stesso consiglio di Facoltà, ed una percentuale addirittura maggiore di strutturati che non presentando la relazione si sottraggono alla valutazione.

Emblematico è il caso del dott. Di Salvo (link) il quale racconta come, in quasi vent'anni, non ha presentato alcuna relazione, e come questa sia una abitudine largamente diffusa quantomeno nella Facoltà di Medicina dell'Università Sapienza di Roma.

E' ovvio che i ricercatori, e più in generale i docenti universitari, colpevoli di rendimento nullo saranno una minoranza del totale. Ma così come vengono perseguiti i "falsi invalidi", che pure sono l'eccezione e non la regola, non si capisce per quale motivo non si dovrebbero prendere dei provvedimenti verso questi "falsi invalidi universitari" che percepiscono uno stipendio senza averne diritto. Quando lo Stato scopre un falso invalido smette di erogargli la pensione di invalidità; perchè invece continua a pagare i ricercatori improduttivi? Non è anche questa una forma di truffa ai danni dello Stato?

A questo link trovate la lettera con la quale APRI chiede, cosa peraltro già contemplata dalla legge, che si costringano le università a dispensare dal servizio pubblico i ricercatori e professori che non hanno superato la verifica triennale o che si sono sottratti a tale verifica, e di obbligarle a reinvestire le risorse liberate nel reclutamento di nuovi ricercatori. Licenziando infatti gli strutturati con rendimento nullo si potrebbero liberare preziose risorse per assumere quegli aspiranti RTI che al contrario svolgono davvero attività di ricerca. Un provvedimento in questa direzione inoltre inietterebbe un po' di fiducia nell'opinione pubblica, che sente parlare continuamente di meritocrazia (di agenzie di valutazione e simili) senza che alle parole seguano mai delle azioni concrete.

martedì 5 ottobre 2010

"Ragazzi, è uscito il FIRB 2010! Ottima iniziativa" "Hai letto il bando? è un pasticcio"


Il MIUR ha da poco pubblicato il bando “Futuro in Ricerca 2010”, noto anche come FIRB, dedicato a progetti di ricerca applicata su tematiche “ritenute strategiche per l’economia nazionale”. È il secondo bando FIRB specificamente rivolto a giovani ricercatori, dopo quello del 2009. Il Ministero investe quest’anno 40 milioni di euro nel programma, una cifra senz’altro non disprezzabile. Si tratta quindi di un’iniziativa di per sé certamente meritoria, che in quanto tale i precari della ricerca non possono che accogliere positivamente.
Ma… ci sono molto ma..
Il bando identifica tre categorie di ricercatori che possono far domanda, distinguendoli per requisiti di età anagrafica e accademica (gli anni trascorsi dal conseguimento del dottorato) e per ruolo universitario (dottori di ricerca non strutturati e ricercatori di ruolo).
Il requisito anagrafico è certamente illiberale e ignoto alla comunità scientifica internazionale. Infatti, viola apertamente la Carta Europea dei Diritti dei Ricercatori, che raccomanda ai finanziatori della ricerca scientifica di non discriminare sulla base dell’età anagrafica. Avrebbe avuto senso limitarsi al solo requisito di età accademica (gli anni dal conseguimento del dottorato), come si fa in importanti bandi europei come quello Ideas dell’European Research Council.
Vi è, inoltre, un requisito scientifico, quello di possedere un certo numero di pubblicazioni in riviste scientifiche internazionali, un criterio in sé senz’altro apprezzabile perché in questo modo si incoraggia i giovani ricercatori italiani a pubblicare a livello internazionale, cosa ancora oggi affatto scontata in molte discipline. Non si comprende, però, perché tale requisito sia richiesto solo ai dottori di ricerca e non ai ricercatori già strutturati. Anche questa sembra essere una discriminazione incomprensibile.
A queste obiezioni in questi giorni i tecnici del MIUR stanno rispondendo con la rassicurazione che le categorie escluse per motivi anagrafici saranno considerate per i prossimi anni.. queste risposte però ci sembrano tutt’altro che convincenti e ci chiediamo perché in questo Paese anche le buone azioni finiscano con l’alimentare sensazioni di frustrazione e ingiustizia all’interno della comunità scientifica.

Assemblea Nazionale dei Precari della Ricerca e della Docenza delle Università



Venerdì 8 ottobre 2010 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA
Aula B, Viale Berti Pichat 6, ore 11:00


QUI, il documento lancio dell'iniziativa.