martedì 2 ottobre 2012

Per un nuovo inizio: intervista con il candidato presidente APRI

Non è solo tempo di primarie ed elezioni politiche ormai alle porte. Nei prossimi giorni l'Associazione Precari della Ricerca Italiani (APRI), che gestisce questo blog, eleggerà il nuovo presidente con una votazione aperta a tutti gli iscritti. E' il sesto presidente dell'Associazione dal 2008, anno della sua fondazione. 

Abbiamo davanti una fase quanto mai difficile per i ricercatori precari italiani, che devono fare i conti con un quadro generale di assottigliamento delle speranze e possibilità concrete di ottenere un posto stabile in tempi ragionevolmente brevi. Questa situazione è l’effetto congiunto della Legge Gelmini, che ha soppresso le posizioni di ricercatore a tempo indeterminato sostituendole con figure precarie (gli RTDa) o ancora rimaste sulla carta (gli RTDb), e delle pressioni esercitate nei mesi scorsi dal personale strutturato di ruolo (ricercatori e associati) che hanno preparato il terreno per quella che sarebbe l’ennesima, catastrofica promozione ope-legis dell’università italiana.  

Incontriamo dunque Claudio Greco, candidato alla presidenza di APRI. Claudio, 32 anni, è un chimico teorico appena rientrato in Italia per iniziare un contratto di ricercatore a tempo determinato (di tipo A manco a dirlo) presso l’università di Milano Bicocca.


Claudio, in bocca al lupo, innanzitutto. Perché hai deciso di candidarti alla presidenza di APRI? 

Crepi il lupo! La mia candidatura alla Presidenza 
dell'APRI rappresenta la logica conseguenza di un percorso 
che mi ha portato ad apprezzare le linee guida 
dell'associazione fin dalla sua fondazione. L'idea di 
portare l'Università italiana verso gli standard di paesi quali Germania e Svezia (nazioni in cui ho avuto la 
fortuna di lavorare) rappresenta l'unica possibilità per 
garantire un futuro di successo alla nostra Accademia. L'attuale situazione di difficoltà per il sistema 
universitario potrà senz'altro venire superata, se si diffonderà una logica meritocratica nell'attribuzione di 
risorse e posizioni. Credo che questo momento di crisi per 
l'Italia intera richieda uno sforzo corale a tutti i 
livelli, ed il settore della ricerca e dell'alta 
formazione dovrà senz'altro fare la propria parte nei 
prossimi anni. 


Ci racconteresti le tappe salienti del tuo percorso di 
ricerca? 

Dopo essermi laureato in Biotecnologie all'Università 
Milano-Bicocca, ho conseguito il dottorato in Chimica 
presso la medesima Università nel 2007. Durante il 
dottorato, ho trascorso un fruttuoso periodo all'Università di Lund (Svezia), dove ho applicato metodiche avanzate di modellizzazione teorica di proteine 
contenenti ioni metallici. Tale ambito di ricerca ha 
caratterizzato il mio percorso scientifico anche nei miei anni da post-doc. Ho avuto l'onore di essere stato 
selezionato per una fellowship della Fondazione Humboldt, 
grazie alla quale ho lavorato presso il Dipartimento di 
Chimica della Humboldt-Universitaet zu Berlin; successivamente sono stato per due anni assegnista di 
ricerca a Milano, e poi di nuovo presso la 
Humboldt-Universitaet, in qualità di Junior Research Group 
Leader in Chimica Teorica Bioinorganica. 


Che effetto fa tornare in Italia in questo momento così 
difficile per il paese e l’università e in particolare 
per i ricercatori precari? 

Mi aspettano sfide difficili, lo so bene. Ma l'idea di poter contribuire ad un rilancio del mio Paese, e di poter diventare un punto di riferimento per i miei colleghi 
precari rappresenta per me una fonte, spero inesauribile, di motivazioni. 


La tua disciplina, la chimica teorica, è una disciplina 
rigorosamente “bibliometrica”. Come giudichi i criteri di 
valutazione stabiliti dall’ANVUR nel tuo settore per le 
prossime abilitazioni? 

I criteri bibliometrici nel mio settore risultano 
abbastanza selettivi, anche se i parametri scelti mi piacciono poco in generale. Per esempio, non distinguono 
tra chi ha avuto un ruolo centrale nei vari studi (principal investigator o coordinatore), e chi invece ha 
avuto un'importanza più marginale. Comunque, è il concetto stesso di abilitazione nazionale su base bibliometrica 
che, a mio avviso, va rivisto.


Il tuo contratto di ricercatore a tempo determinato è appena iniziato. Con quale animo inizi questa esperienza 
di lavoro? 

In realtà prenderò servizio il primo di Novembre, ma grazie alle mie ferie tedesche arretrate sono già qui in 
Dipartimento a Milano... credo che questo dica molto sul 
mio entusiasmo: non vedo l'ora di cominciare!


Tu sei stato ricercatore con ruoli di responsabilità in 
Germania, precisamente alla Università von Humboldt di 
Berlino. Come credi di far fruttare tale esperienza nel tuo nuovo lavoro italiano? 

Aver osservato le dinamiche alla base dell'attività di Professori e Ricercatori a Berlino rappresenta un bagaglio importante per me: in Germania, la volontà di eccellere nei propri rispettivi ambiti è sempre un elemento fondamentale sia per i singoli scienziati che per i 
dipartimenti in cui operano. La medesima atmosfera l'ho potuta respirare nel mio (seppur breve) soggiorno svedese. Sono convinto che tali esperienze costituiscano una risorsa importante per il futuro di APRI. 



A tuo parere, quali sono le linee di azione su cui APRI dovrà insistere di più? 

Per prima cosa, credo sia necessario assicurare l'erogazione di risorse per bandire un adeguato numero di posizioni di ricercatore a tempo determinato di tipo B, che offrirebbero la possibilità ai migliori studiosi 
italiani e stranieri di operare nel nostro paese con la 
prospettiva di essere valutati sulla base della loro 
attività scientifica e didattica, in vista di un possibile 
accesso ai ruoli accademici. Poi, come dicevo, un'ampia 
revisione dei meccanismi alla base delle procedure di 
abilitazione nazionale è a mio avviso necessaria. 
Personalmente, riterrei opportuno piuttosto introdurre 
rigorose procedure di valutazione ex-post dei 
dipartimenti, poiché ciò favorirebbe dinamiche virtuose 
per il reclutamento dei futuri docenti. Infine, auspico la 
valorizzazione delle esperienze di didattica e ricerca dei 
precari nel contesto di concorsi pubblici diversi da quelli per la docenza universitaria. 



Le elezioni politiche si approssimano. Quale rapporto 
credi che APRI debba tenere con i partiti politici? Come far sentire la propria voce e cercare di influenzare i 
programmi senza essere strumentalizzati per fini elettorali?


Negli ultimi anni, uno dei termini più ricorrenti nei notiziari è “crisi”, ma tra i più gettonati vi è 
senz'altro anche “meritocrazia”. Il dialogo con la 
politica sarà un elemento centrale per il successo di APRI: la necessità di meritocrazia per la sopravvivenza del Paese è ormai ben evidente non solo ai nostri soci, ma 
anche alla gran parte degli italiani. Una strategia di 
comunicazione efficace, basata soprattutto sull'uso della 
grande rete, ci permetterà di smascherare eventuali tentativi di strumentalizzazione sul nascere.