mercoledì 13 novembre 2013

Signor Ministro, per cortesia...


No, Signor Ministro, noi non ci uniremo agli applausi di giornalisti ignoranti o compiacenti. Non applaudiremo le Sue frasi pronunciate a Radio 24 che sottolineano il Suo imperativo nel voler lasciare spazio ai giovani e, finalmente, svecchiare questa università.
Citiamo solo le seguenti: “Chi vuole rimanere in ruolo oltre i 70 anni offende la propria università e offende i giovani e “A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione”.

A parte i grotteschi aggettivi “generoso”, che si commenta da sé, e “onesto” (non ci pare, infatti, che i professori commettano alcun atto di disonestà), che cosa risponderebbe se i giornalisti Le chiedessero:

Signor Ministro, ma lo sa che i Professori universitari vanno regolarmente in pensione a 70 anni, in quanto la proroga di altri 2 anni è possibile ma estremamente rara?”.

Anche i Suoi cinguettii, Signor Ministro, sembrano sottolineare la Sua volontà di dare spazio ai giovani (“il prossimo anno sarà l'anno dei giovani ricercatori, e dobbiamo sbloccare i contratti da ricercatore di tipo b”, M.C. Carrozza, Twitter, 29 Ottobre).

Signor Ministro, siamo seri per cortesia. Concentriamoci sui fatti e prendiamo, ad esempio, un piccolo ma non insignificante dettaglio in palese contrasto con il Suo imperativo.

Per garantire nuovi accessi ai ruoli accademici da parte di giovani, nel Decreto Legislativo 49/2012 (Governo Monti) fu introdotto l'obbligo di bandire un posto da RTD-b (Ricercatore a Tempo Determinato di tipo b, vale a dire le figure che, ai sensi della Legge Gelmini, dopo tre anni dovrebbero accedere al ruolo di Professore Associato) per ogni nuovo posto o promozione a Professore di I fascia.

Ebbene, la recentissima nota del Miur (17 Ottobre 2013, prot. N.21381) a firma del Direttore Generale Daniele Livon stabilisce che tale rapporto, un RTD-b per ogni nuovo Professore Ordinario, non sia da considerarsi obbligatorio ma facoltativo.

Si legge infatti che “(…) è invece rimessa all’autonomia responsabile degli Atenei la decisione circa il perseguimento degli indirizzi previsti dall’art.4 del Dlgs 49/2012”. Tra questi indirizzi vi è, in particolare, il “provvedere al reclutamento di un numero di ricercatori RTD-b” che “non può essere inferiore a quello dei Professori di I fascia reclutati nel  medesimo periodo”.

Tale disposizione (che pare oltretutto illegittima) è la pietra tombale per le nuove assunzioni di personale ricercatore.

Infatti, Signor Ministro, non è forse vero che a queste si preferiranno quasi certamente promozioni interne (per una questione di costi, per logiche di fedeltà e di anzianità, ecc.)?

O vuole forse farci credere che, rimettendosi all’autonomia responsabile degli Atenei, si paleseranno atti di “generosità” e “onestà” (intellettuale, per carità!) che faranno invece propendere per l’assunzione di nuovo personale e quindi per lo svecchiamento delle nostre università?

giovedì 31 ottobre 2013

Pasticcio turn over - il parere di Vito Plantamura

Com’è noto, la polemica sul decreto ministeriale di ripartizione dei punti organico alle Università, che vede alcuni Atenei particolarmente avvantaggiati, ed altri, in prevalenza meridionali, molto sfavoriti, è nata a seguito di un articolo, apparso inizialmente sul sito ROARS, di un ricercatore di matematica –Beniamino Cappelletti Montano- che è stato uno dei fondatori dell’APRI. La replica del Ministro non si è fatta attendere, anche con un’intervista sul Mattino di venerdì scorso, alla quale ha fatto eco un’intervista dell’on. Boccia sulla Gazzetta del giorno dopo, e si basa su argomenti giuridici. Al proposito, quindi, chiediamo il parere di Vito Plantamura, un altro dei fondatori dell’APRI, che oggi è ricercatore a tempo indeterminato di area giuridica all'università di Bari.


Caro Vito, secondo te gli argomenti giuridici del Ministero sono fondati?

In sintesi, la Carrozza sostiene di non aver operato alcuna scelta, di aver avuto le mani legate dalla normativa vigente, che era stata prevista dal precedente governo Monti, e di essersi limitata ad applicare i criteri di legge. Secondo me, invece, la Carrozza ha applicato al decreto del 2013 dei criteri restrittivi che, per legge (art. 7 del d.lgs. n. 49/12), espressamente dovevano applicarsi solo al 2012. Sempre secondo la stessa legge, poi, i nuovi criteri restrittivi, valevoli per i successivi tre anni, dovevano essere previsti, su proposta del Ministro dell’Università, con decreto del Presidente del Consiglio. Ma non risulta che la Carrozza abbia avanzato alcuna proposta in merito e, di fatto, non esiste tale decreto di ridefinizione, per il triennio successivo al 2012, dei criteri restrittivi.

Quindi il ministro cosa ha fatto?

Ha esteso analogicamente, al 2013, i criteri del 2012. Secondo me, però, ciò non sarebbe possibile, appunto perché si tratta di restrizioni, ovverosia di eccezioni alla regola generale, di possibilità di utilizzazione piena, per ogni ente, del proprio turn over: possibilità che può pure essere compromessa per legge, ma che, se il limite legale (necessariamente temporaneo) viene meno, elasticamente si riespande. Tuttavia, sempre per legge (art. 14 delle c.d. preleggi), le norme che stabiliscono un’eccezione alla regola generale, non si possono estendere analogicamente, e quindi non si applicano oltre i casi e, appunto, i tempi, in esse considerati.

Si è molto discusso anche sulla cosiddetta clausola di salvaguardia, cosa ne pensi?

A mio avviso, si tratta di una questione che proprio non si sarebbe dovuta porre. Comunque sia, Mancini (Capo del Dipartimento Università del Ministero, n.d.r.), in un articolo apparso sul sito ROARS, ha sostenuto che, nel 2012, Profumo doveva applicare tale limite del 50% del turn over, mentre, nel 2013, la Carrozza non doveva. Per quanto mi riguarda, tuttavia, Mancini si sbaglia, perché interpreta come rinvio mobile quello che invece, per com’è scritto, in tutta evidenza sarebbe un rinvio fisso, ovverosia un rinvio ad una specifica disposizione, e non ad una fonte normativa, con ininfluenza conseguente delle successive modifiche legislative. Mancini sostiene inoltre che, a seguito del decreto Monti sulla spending review, non vi era più bisogno del decreto del Presidente del Consiglio, per la determinazione dei nuovi criteri restrittivi, ma si dovevano applicare quelli del 2012. Sinceramente, l’argomento mi ha stupito. Infatti, al proposito di tali criteri, il decreto Monti sulla s.r. si limita a ribadire che bisogna comunque tenere conto di quanto stabilito dal citato art. 7, che appunto prevedeva criteri espressi per il 2012, e stabiliva che, per gli anni successivi, dovessero esserne previsti di nuovi con decreto del Presidente del Consiglio (su proposta del Ministro). Sostenere che ciò possa comportare la non necessità, per il 2013 e per il futuro, di prevedere le nuove restrizioni di cui a tale art. 7, e invece, allo stesso tempo, la necessità di continuare ad applicare (indefinitivamente?) le vecchie e, soprattutto, temporanee, restrizioni previste dal medesimo art. 7 per il solo 2012, è qualcosa che, nonostante la citazione dei lavori parlamentari utilizzata per l’occasione dal Mancini, mi sembra intimamente contraddittorio e privo di un qualsivoglia aggancio normativo.

Pare quindi di capire che per te il punto non sia quello della c.d. clausola di salvaguardia?
 
Certo. Il punto sarebbe che la Carrozza, da un lato, avrebbe scelto di non fare ciò che forse avrebbe dovuto fare, ovverosia proporre dei nuovi criteri restrittivi e, dall’altro, avrebbe scelto di fare quanto probabilmente non avrebbe dovuto fare, cioè estendere analogicamente delle restrizioni, previste limitatamente al 2012, oltre i tempi di legge. In questo modo, inoltre, replicando nel 2013 i criteri valevoli per il solo 2012 (per giunta senza la clausola di salvaguardia), invece di proporne di nuovi, la Carrozza avrebbe deciso autonomamente, senza passare dal vaglio della Presidenza del Consiglio, alla quale, per legge, sarebbe spettata l’ultima parola sulle nuove restrizioni. Quindi, anche se la Carrozza si fosse attenuta alla clausola del non più del 50% del turn over, secondo me avrebbe ugualmente sbagliato, se pur con effetti meno eclatanti, perché l’errore starebbe molto più a monte. Siccome, però, a tale clausola non si è attenuta, si potrebbe sostenere che la Carrozza avrebbe operato pure una terza scelta controversa, interpretando un rinvio evidentemente fisso, come mobile. I risultati di queste tre ipotizzate scelte, a mio avviso sbagliate? L’enorme divario tra Atenei che godranno di un turn over fin oltre il 200%, e quelli penalizzati, con un turn over inferiore al 7%.: tutti Atenei che, a mio avviso, potrebbero vittoriosamente impugnare il decreto dinanzi all’Autorità giudiziaria.

Un calcio di rigore al 90° minuto. Una proposta per il Ministro Carrozza

Beniamino Cappelletti montano, sulle pagine virtuali del blog di ROARS, risponde al MIUR in merito alle recenti polemiche riguardanti il "decreto punti organico" e lancia una proposta al Ministro Carrozza

http://www.roars.it/online/un-calcio-di-rigore-al-90-minuto-una-proposta-per-il-ministro-carrozza/

lunedì 21 ottobre 2013

IL ROBIN HOOD AL CONTRARIO - Punti organico 2013

Uno dei soci fondatori APRI ora ricercatore a tempo indeterminato all'Universita' di Cagliari ha oggi scritto un bellissimo articolo sulle pagine del blog di R.O.A.R.S.
Beniamino analizza in maniera precisa e puntuale il perverso meccanismo di redistribuzione dei punti organico 2013, per nulla basato su criteri meritocratici e che premia in modo sproporzionato proprio l'Ateneo del Ministro in carica che in un periodo di turn over al 20% si ritroverà beneficiario un turn over superiore al 200%

http://www.roars.it/online/il-robin-hood-al-contrario-del-d-m-punti-organico-2013/

giovedì 26 settembre 2013

l paradosso dell'ASN: riusciremo a convergere?

Uno degli esempi classici per far capire agli studenti l'ostico concetto delle serie numeriche è quello di raccontare il celebre paradosso di Achille e la Tartaruga (http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Achille_e_la_tartaruga).
La spiegazione matematica per il noto paradosso sta nel fatto che gli infiniti intervalli temporali percorsi ogni volta da Achille per raggiungere la tartaruga diventano sempre più piccoli ed il limite della loro somma converge a un numero finito.
Ecco, cari ricercatori e docenti universitari, per il nuovo anno accademico un nuovo paradosso potrà essere utilizzato: il paradosso dell'Abilitazione Scientifica Nazionale. Le tartarughe ovviamente sono molte delle Commissioni preposte ed i candidati impersonano i pelidi eroi, all'affannosa ricerca di un senso di quello che sta accadendo all'ASN.
Comunque, dicevamo del paradosso: si parte fissando come termine dei lavori 5 mesi dalla data di pubblicazione del bando anziché dal momento di insediamento delle Commissioni; dopo poco tempo, vista la lenta agonia dei sorteggi e l'elevato numero dei candidati, si parla di finire tra aprile e giugno, poi tra maggio e giugno, poi il 23 settembre, ora fine settembre! Vedete, i passi sono sempre più brevi... forse il 30 settembre sarà quella buona? O bisogna dare ascolto ai catastrofisti che parlano di fine novembre?
Insomma, riusciranno i lavori di selezione dei candidati per l'ASN a convergere? O avremo bisogno di infiniti intervalli temporali (e pertanto infinite proroghe) ?

APRI, apprezzando il recente twitt del Ministro Carrozza su questo tema, intende sensibilizzare il MIUR a far qualcosa di piu' concreto di un informale post su twitter. Presto sarà autunno e non e' tempo per i cinguettii ma per risposte concrete. APRI invita il MIUR, nella persona del Ministro Carrozza, a dare un segnale concreto di serietà, nel rispetto per il lavoro altrui e la reputazione del sistema universitario nazionale che rischia di essere gravemente compromessa!
Suggeriamo pertanto che il MIUR invii una circolare ufficiale alle Commissioni ancora inadempienti al fine di sensibilizzarle riguardo alla celerita' delle procedure. In tale circolare proponiamo che il MIUR indichi chiaramente che:

*) In nessun caso saranno concesse ulteriori proroghe generalizzate oltre l'anno corrente.

*) Al termine della procedura verranno resi noti i risultati per quei settori che avranno chiuso i lavori entro il limiti temporali prestabiliti. Per i settori in cui avverrà altrimenti, verranno applicate le procedure di legge e sorteggiate nuove commissioni.


Ministro Carrozza, dia una sveglia al sistema universitario! Ne va della dignità del Paese.

giovedì 5 settembre 2013

Il 2014 sarà l'anno dei giovani ricercatori? Il punto di vista di APRI

Nelle scorse settimane, abbiamo letto con grande interesse le dichiarazioni del Ministro Carrozza, relative alla volontà del Governo di fare del 2014 l’anno dei giovani ricercatori. Il richiamo del Ministro alla necessità di un reclutamento accademico di qualità, ispirato al principio della valorizzazione del merito e dell’indipendenza scientifica dei futuri docenti, è un elemento di primaria importanza per APRI. Infatti, tale indirizzo programmatico del Governo è in piena sintonia con le migliori esperienze europee ed internazionali, le quali hanno dimostrato come il reclutamento di studiosi di alto livello scientifico non possa prescindere da politiche che favoriscano la mobilità di professori e ricercatori, e che sottolineino l’importanza della valutazione ex post dei prodotti della ricerca, anche nell’ottica di una efficace implementazione di procedure di tenure track.  Non a caso, APRI ha negli scorsi mesi inoltrato al Ministro proposte coerenti con tali principi, trovando nella prof.ssa Carrozza un interlocutore attento ed aperto al dialogo. In particolare, APRI nel recente incontro col Ministro ha sottolineato l’importanza dei seguenti punti:
-   Il sistema universitario nazionale necessita urgentemente dell’immissione di forze fresche e dinamiche, che abbiano la prospettiva della valorizzazione del proprio operato attraverso meccanismi di valutazione trasparenti. Tale obiettivo può essere raggiunto, nel contesto della recente riforma Gelmini, attraverso un bando nazionale per Ricercatori a tempo determinato di tipo B (ovvero con tenure track), una proposta inizialmente accolta con favore dalla prof.ssa Carrozza.
-   E’ altresì necessario che il Ministero vigili sull’effettiva esecuzione a livello locale della normativa vigente per il reclutamento di Professori Associati, che prevede che una quota dei posti banditi siano riservati a studiosi che non abbiano prestato servizio nei precedenti tre anni presso la sede che emette il bando. Ciò chiaramente favorirebbe la mobilità e permetterebbe di ridurre le tendenze localistiche nel reclutamento dei singoli atenei

Per quanto riguarda il secondo punto, le norme attuali prevedono che la quota di posti riservata ad esterni sia del 20% dei posti messi a concorso. Tuttavia, anche in considerazione dello sforzo che il Governo Letta sta facendo per sfavorire i contratti a termine negli enti pubblici, APRI propone che tale quota venga innalzata al 50%. Tali concorsi aperti a personale esterno consentirebbero ai precari della ricerca di giocare le proprie carte in una competizione aperta, in condizioni di eguaglianza di opportunità rispetto al personale ricercatore già strutturato a tempo indeterminato.
Per quanto concerne invece l’atteso piano straordinario per il reclutamento di un congruo numero di ricercatori a tempo determinato con tenure track, auspichiamo non solo che il Ministero pubblichi quanto prima l'annunciato bando per ~1500 posti, ma anche che tale bando garantisca ai ricercatori non strutturati, italiani e stranieri, di concorrere paritariamente all’accesso alle posizioni vacanti. Ricordiamo infine che l'effettiva implementazione della tenure track, con conseguente immissione in ruolo dei ricercatori a tempo determinato dimostratisi meritevoli, non può prescindere dall'erogazione di specifiche risorse aggiuntive. Invitiamo quindi il Ministero a prevedere fin da subito un congruo cofinanziamento per consentire alle varie sedi di procedere alle progressioni di carriera che porteranno i ricercatori a tempo determinato valutati positivamente dai rispettivi dipartimenti ad assumere posizioni di Professore associato.  

giovedì 18 luglio 2013

Resoconto dell'incontro tra la delegazione APRI ed il Ministro Carrozza

Il 9 luglio alle 15 una delegazione in rappresentanza di APRI si è recata al MIUR per un confronto sulla situazione del sistema dell’Università e, in particolare, sulle prospettive dei precari.
La delegazione è stata accolta dal Ministro Maria Chiara Carrozza, insieme al Direttore Generale Daniele Livon, al capo di Gabinetto Luigi Fiorentino, al responsabile dell’Ufficio Legislativo Mario Alberto Di Nezza.

L’incontro è durato un’ora e venti minuti, da parte del Ministro e dei funzionari del MIUR l’atteggiamento era di attenzione e grande cordialità.

I temi principali di cui si è discusso sono quelli già presentati su questo blog (http://ricercatoriprecari.blogspot.com/2013/07/proposte-apri-al-ministro-carrozza.html). Si è cominciato con l’esporre al Ministro alcune criticità da noi più volte segnalate riguardanti i bandi da Ricercatore a Tempo Determinato (di tipo A e di tipo B) in cui spesso gli atenei inseriscono dettagliatissimi profili che rendono quelle delle procedure ad personam tutt’altro che aperte e trasparenti.

Il Ministro ha osservato che vi sono dei problemi con il testo di legge, poiché manca una distinzione tra i posti banditi su fondi esterni – e quindi necessariamente vincolati a precisi progetti – e quelli invece banditi su FFO. Inoltre ha osservato che, a suo parere, mentre condivideva la nostra richiesta di totale trasparenza era meno convinta circa la richiesta di totale apertura. In particolare ha osservato che ritiene tutto sommato sensato che gli atenei possano reclutare in funzione di precisi piani di sviluppo su progetti e tematiche più circoscritte degli ssd. Per parte nostra abbiamo ribadito che il rispetto della normativa è in ogni caso essenziale per evitare l’arbitrio assoluto e che, finché non fosse stata cambiata, la legge attuale non consente di inserire profili oltre all’indicazione di uno o più ssd.
Abbiamo chiuso la discussione su questo punto con l’impegno del Ministro a riflettere sulla questione.

Si è poi discusso della quota del 20% riservata dalla Legge 240/10 agli esterni. Da parte nostra è venuta una sollecitazione a far rispettare agli atenei tale quota, computandola sulle teste e non sui costi, come chiaramente indica la norma di legge. Su questo punto è intervenuto il D.G. Livon osservando che la norma si presterebbe a diverse interpretazioni.
Noi abbiamo ribadito che la norma ci sembra chiara e che in ogni caso la legge già prevede un ampio margine per gli scorrimenti interni tramite chiamata diretta (addirittura il 50%) e che dunque sarebbe auspicabile garantire almeno il rispetto del 20% per esterni. Anche su questo punto il Ministro si è impegnata ad approfondire la questione in futuro.

Si è poi passati a quello che, dal nostro punto di vista, era il tema più importante all’ordine del giorno: il piano nazionale straordinario per il reclutamento di RTD di tipo B.  Abbiamo appreso dal Ministro che il piano attende ancora di essere sviluppato nel dettaglio. In seguito abbiamo discusso delle nostre proposte applicative, trovando grande attenzione e una sostanziale convergenza da parte del Ministro su quasi tutti i punti. Unico elemento su cui il Ministro ha dissentito era la nostra richiesta che i bandi non richiedessero progetti, bensì che fossero valutati solo titoli e pubblicazioni.

Abbiamo chiesto chiarimenti sulla tempistica prevista per l’attuazione di tale piano, apprendendo con un certo sgomento che ancora va trovata la copertura finanziaria e che pertanto era allo stato impossibile indicare una tabella di marcia.

Da ultimo si è discusso del problema della falsificazione dell’età accademica operata da alcuni candidati all’abilitazione. APRI aveva in precedenza segnalato alcune irregolarità al MIUR e all’Anvur chiedendo che – per evitare di premiare i furbi – si attuasse un semplice meccanismo di verifica della corrispondenza dell’età accademica con il numero di anni da cui un soggetto è entrato in ruolo; è chiaro che qualcosa non quadra se un ricercatore in ruolo da 15 anni presenta un’età accademica di 5 anni soltanto. Questa verifica sarebbe di semplice applicazione da parte del Cineca, e consentirebbe di svelare le eventuali falsificazioni dei cv messe in atto da qualche ‘furbo’. Su questo c’è stato l’impegno ad ulteriori approfondimenti.

Complessivamente, pur apprezzando la cortesia e l’attenzione del Ministro e dei suoi collaborati non possiamo dirci pienamente soddisfatti dalle risposte ricevute.

Sui primi punti, concernenti apertura e trasparenza dei concorsi e rispetto delle norme, non potremo che insistere, anche incoraggiando e sostenendo con ogni mezzo (raccolta fondi) chi volesse impugnare bandi illegittimi o procedure di reclutamento che non tenessero conto della quota per esterni.

Sui bandi RTDb non possiamo che auspicare che il progetto parta al più presto. Per parte nostra ci permettiamo di suggerire che una possibile copertura potrebbe passare attraverso la quota premiale dell’FFO: quei posti potrebbero essere a tutti gli effetti un premio per gli atenei meglio classificati con la VQR.

lunedì 8 luglio 2013

PROPOSTE APRI AL MINISTRO CARROZZA




Domani, 9 luglio, una delegazione in rappresentanza di APRI incontrerà il Ministro Carrozza. In vista dell'incontro abbiamo elaborato il seguente documento che, in forma sintetica, presenta alcune delle richieste e delle proposte principali della nostra associazione.






 Rispetto della legge e trasparenza nei concorsi:

1Segnaliamo il susseguirsi di numerosi bandi concorsuali per posizioni ex art 24, comma 3, lettere a) e b) richiedenti specifici e dettagliati profili scientifici, ove la legge consente la specificazione di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari". Si tratta di pratiche poco trasparenti ed evidentemente illegittime, che soffocano la competizione e portano ad una chiusura asfittica del sistema della ricerca.

2. Invitiamo inoltre il Ministero a vigilare sull’applicazione, prevista dalla legge, della quota minima obbligatoria di assunzione del 20% di “esterni” all’Ateneo, da calcolarsi nel rispetto della legge, dunque non sui costi bensì sul numero di assunzioni. 

Questi due problemi possono essere risolti con una semplice circolare esplicativa del MIUR



Proposte piano straordinario nazionale TDB:


1. Garanzia del budget, da accantonare obbligatoriamente e dal momento in cui il TDB prende servizio, per l’eventuale passaggio nel ruolo dei Professori Associati [garanzia assente nei bandi Montalcini ma prevista dalla Legge 240/10].
2. Cofinanziamento MIUR del budget per il passaggio a PA di cui al punto 1,  per un ammontare corrispondente al 50%, a gravare sulla quota premiale FFO.
3. Abolizione vincoli di età anagrafica o di anni dal dottorato, attualmente presenti sui bandi Montalcini, e dalla dubbia legittimità come dimostra una recente sentenza del TAR di  Cagliari.
4. I vincitori siano esterni alla sede che li accoglie ed in cui prendono servizio. “Esterno” può essere definito un candidato che nei tre anni precedenti la data di scadenza del bando non abbia prestato servizio come Ricercatore, Assegnista o Post Doc nella sede prescelta.
5. Commissioni sorteggiate da una lista di esperti, aventi i requisiti stabiliti dall'ANVUR (superamento delle mediane). Deve essere assicurata adeguata rappresentanza nelle commissioni ad esperti operanti all'estero (non solo uno su cinque come nell'ASN).
6. Valutazione basata esclusivamente sul CV (titoli e pubblicazioni), eliminando la richiesta di un progetto di ricerca. La valutazione deve avvenire sulla base di griglie con punteggi predefiniti come quelle adottate autonomamente dall’Università di Genova e dal Politecnico di Torino per le ultime tornate di concorsi da ricercatore a tempo indeterminato.
7. Distribuzione dei posti. Il MIUR assegna i posti ai migliori Dipartimenti italiani sulla base del VQR. In base all’ordine in graduatoria i vincitori potranno scegliere la sede.
8. Piena portabilità dei fondi. Qualora un Dipartimento non voglia accettare un TDB nazionale, al vincitore spetta il diritto di portare il budget presso altra sede. Vanno previsti premi/punizioni in termini di quota premiale FFO per i Dipartimenti che accettano/rifiutano queste posizioni.
9. I TDB nazionali NON devono contare ai fini del rapporto tdb-po di ciascun ateneo. Questo per garantire che siano effettivamente posti in più.

martedì 25 giugno 2013

Non c’e’ peggior sordo....


Gino Pilotino è un bravo pasticcere. E’ partito dalla bassa parmense dove si e’ laureato e siccome a Parma allora poi non c’era il dottorato, ne ha vinto uno fuori dall’Emilia e pian piano, si e’ fatto conoscere a livello internazionale. Ora ha un contratto, in un grosso ateneo e spera un giorno di entrare con una posizione a tempo indeterminato. E’ vero, poteva aprire una pasticceria tutta sua e sicuramente avrebbe guadagnato di piu’, ma a lui piace la ricerca. Gli piace sperimentare nuovi dolci ed e’ anche piuttosto bravo. 

Tutti i martedi sera e i venerdi sera si guarda la Gazzetta Ufficiale in attesa di notizie. Si sa, i tempi sono quelli che sono ed è dura trovare un posto fisso nel mondo accademico. Avrebbe potuto emigrare quando voleva, ma a lui piace stare in Italia. E’ convinto che si può fare buona ricerca anche stando in Italia. De gustibus…

Quale sorpresa per Gino Pilotino quando venerdi scorso in Gazzetta Ufficiale vede ben 27 posizioni di ricercatore di tipo b) e dove?? A Parma, nella sua terra d’origine…

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/concorsi/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2013-06-21&atto.codiceRedazionale=13E02663

Non si e’ sbagliato, sono proprio i famosi posti di tipo b), quelli con la tenure track…Gino non ci puo’ credere. Una fortuna cosi nella sua Parma, nell’ateneo dove tanto tempo fa si e’ laureato…Vediamo se c’è un posto nel mio settore…cerca…cerca…eccolo: facolta’ di Gastronomia, Settore Concorsuale: Dolci, Settore Scientifico Disciplinare: Torte, Dessert e Piccola Pasticceria!!! Evvai!!!!!!!!!! E’ proprio il mio settore. Ah ecco, il bando non e’ ancora uscito, ma va beh, tanto sono prosizioni da “futuro professore”, non ci saranno sorprese…

Gino Pilotino passa un week end bellissimo, sogna di presentarsi davanti alle persone con le quali si era laureato e di mostrare tutto quello che nel frattempo ha imparato. Come saranno orgogliosi di lui. Il piccolo Gino Pilotino di provincia che nel corso degli anni ha acquisito tutta quell’esperienza…

Lunedi sera l’amara sorpresa. E’ uscito il bando. C’e’ un profilo dettagliatissimo. Non solo e’ richiesta la ricerca in piccola pasticceria – peccato (pensa Gino) la mia crostata e’ la fine del mondo, con quella pasta frolla… - ma e’ richiesta in particolare un’attivita’ triennale in cannoli siciliani…Come in cannoli siciliani??? Ma non erano illegali i profili? Qui stiamo parlando non di assegni di ricerca, non di posizioni su progetto ma di posizioni da “futuro professore”!!! Com’e’ possibile che a un futuro professore associato si richieda di essere cosi specializzato? Solo in cannoli siciliani?? Non e’ possibile, non per un bando di RTD di tipo b)…

Gino Pilotino si ricorda che Apri aveva gia’ parlato di questa storia di bandi illegali…dov’era il link…ecco si…

http://ricercatoriprecari.blogspot.it/2012/01/bandi-td-illegittimi-cosa-fare.html#comment-form

Stiamo parlando di Gennaio 2012…accidenti e’ passato piu’ di un anno e ancora gli atenei continuano a fare bandi illegali con profili…Ancora contro la legge…

Quanti precari pasticceri bravissimi potrebbero asprirare a quel posto e non faranno domanda per questa storia del profilo? Quante persone se ne andranno all’estero perche’ qui anche ai professori, e non solo agli assegnisti, si tarpano le ali e li si obbliga a lavorare su un singolo argomento? Dov’e’ la liberta’, la creativita’ e soprattutto l’autonomia, l’eccellenza?

Ora Gino è triste…non sa cosa fare…certo lui li sa fare i cannoli siciliani, ma sa fare anche altro, voleva mostrare tutta la sua esperienza e la sua autonomia…se non fara’ domanda, sa che se ne potrebbe pentire…in fondo dall’approvazione della legge, questi sono i primi posti di tipo b) salvo sporadici altri casi che si contano sulle dita delle mani…e di sicuro a Parma questa occasione non capitera’ mai piu’…dove troverà ancora quel piccolo ateneo tanti soldi?

D’altra parte, se fara’ domanda e magari dovesse anche vincere, scavalcando qualche altro pasticcere locale, poi sara’ costretto per 3 anni a fare solo cannoli siciliani…e se alla fine dei 3 anni non fosse stato all’altezza delle aspettative i prof. del dipartimento potranno usare il profilo per cacciarlo…e lui sarebbe bruciato…

Ce la fara’ il nostro eroe a farla franca? O sarà Franca a farsi il nostro eroe?

Come dice un noto comico – perché qui alle comiche siamo – to be continued…

P.S.

invitiamo tutti coloro che fossero interessati a partecipare a uno dei bandi con profilo illegitimo a scrivere al rettore e all'ufficio concorsi dell'università segnalando l'illegittimità della procedura secondo i modi indicati nel precedente post linkato sopra. L'unione fa la forza: più denunce arriveranno meglio sarà per tutti.

mercoledì 15 maggio 2013

Non è un paese per giovani





Una sentenza della Corte Costituzionale, recentemente celebrata in tutte le sue magnifiche virtù dal quotidiano La Repubblica ha cancellato una delle pochissime cose buone della cosiddetta riforma Gelmini (sì, proprio lei, quella del tunnel tra il Gran Sasso e Ginevra). La suddetta legge, oltre a rendere ancor più precaria la vita dei notoriamente fortunatissimi ricercatori italiani, prevedeva anche di non consentire ai Professori Ordinari di proseguire la propria attività di ruolo negli Atenei del nostro Paese oltre i 70 anni; prima di tale riforma infatti, era facile per queste figure proseguire fino ai 72 anni* col placet dell’Ateneo di appartenenza, di fatto impedendo la liberazione di risorse utili per il reclutamento di nuovi virgulti (talvolta magari già cinquantenni). La sentenza della Corte Costituzionale appena emessa sancisce che non se ne parla nemmeno di andare in pensione a 70 anni: crepino i giovani, ma il settantenne ha tutto il diritto di chiedere una bella estensione a 72 anni, e poi chissà, magari nel 2015 esce una legge che garantisce il posto a vita a tutti, e chi si è visto si è visto. 

Il massacro dei ricercatori precari italiani ha radici antiche però, che partono dalla riforma Moratti (annus domini 2005) e si ramificano con la suddetta riforma Gelmini, che ha abolito la figura del ricercatore a tempo indeterminato. Per non tediarvi però, vi descriverò l’approccio metodologico con cui i nostri illuminati governanti hanno smontato l’Università italiana pezzo per pezzo raccontandovi una storia molto verosimile (anche se di pura fantasia), che coinvolge Konstantin Novosëlov, premio Nobel per la Fisica nel 2010.

Pochi sanno che Konstantin, cittadino russo nato nel 1974 (quindi un ragazzino di 39 anni, se guardato dal punto di vista gerontocratico nostrano) volle venire a fare le proprie scoperte in una delle nostre Università nel 2004, e lì, in una città italiana che non specificherò, scoprì il grafene. Konstantin all’epoca aveva solo 30 anni, ed aveva accettato un contratto da assegnista a 1200 eur/mese. Uno stipendio molto basso, un contratto con contributi pensionistici ancor più bassi (quasi nulli), ma la speranza di diventare un giorno Ricercatore a tempo indeterminato grazie all’eccellenza delle proprie scoperte Konstantin aveva tutto il diritto di coltivarla. Non sapeva però che Letizia Moratti era in agguato: l’approvazione della sua riforma nel 2005 crea una figura di ricercatore a tempo determinato che, a fine assegno, rappresenta per Konstantin l’unica speranza di proseguire nel proprio percorso accademico. Anche perché frattanto il suo professore di riferimento, ovviamente novello settantaduenne, ha preferito far vincere un concorso a tempo indeterminato ad un ricercatore con un paio di pubblicazioni su Topolino, ma che cucina benissimo quando ci sono le feste con gli altri ordinari a casa sua. Konstantin prosegue, e nel 2010 vince addirittura il Nobel per la sua scoperta di qualche anno prima.  

Nel frattempo, il nuovissimo Ministro Gelmini ha pensato bene di eliminare la figura del ricercatore a tempo indeterminato! E’ vero, la stessa legge prevede una nuova figura di ricercatore a tempo determinato, che a seguito di valutazione positiva delle attività di ricerca e didattica, dà luogo all’assunzione come professore associato dopo un triennio. Il nostro eroe quindi attende che tali posizioni vengano bandite, ma purtroppo nella sua area nemmeno l’ombra di un bando compare dal 2010 al 2013. Eh sì, perché di questi bandi ne sono usciti sì e no una trentina in tutt’Italia, e nessuno nel settore scientifico di Konstantin. Il quale per la verità aveva pensato di fare un’application per la posizione bandita più affine alle proprie competenze (un bando per ricercatore di Numismatica Etrusca presso l’Ateneo telematico milanese “Nerone”: www.uninerone.it), ma poi pensandoci bene aveva lasciato stare. E dopo la sentenza della Corte Costituzionale citata ad inizio articolo, Konstantin si arrende, prende un biglietto aereo e vola a Manchester, dove lavora attualmente. Perché di accettare un nuovo assegno di ricerca a 40 anni, e pagare con i propri contributi da fame le pensioni dei novelli settantunenni scienziati, Kostantin non ha e non avrà alcuna voglia.

W l’Italia! 

p.s.

La legge da facoltà agli atenei di valutare caso per caso se concedere il biennio aggiuntivo ai docenti settantenni. Però, chissà come mai, nutriamo più di qualche dubbio sui criteri con cui verranno fatte eventuali selezioni, e c'è da temere che il biennio venga concesso a tutti o quasi, come era prassi fino a non molti anni fa. 
Cosa si può fare ora, per evitare un ennesimo colpo ad un sistema universitario già incredibilmente invecchiato e in cui il ricambio generazionale procede al ritmo di marcia di una tartaruga zoppa? Per esempio il MIUR potrebbe provvedere con norme che limitassero il ricorso al biennio aggiuntivo, magari avocando a sé la valutazione dei casi eccezionali (ma devono essere davvero eccezionali) in cui concedere tale privilegio.

lunedì 8 aprile 2013

LETTERA APERTA DI APRI AL MINISTRO PROFUMO: PROPOSTE PER IL DECRETO FFO 2013







Gentile Ministro Profumo,



Ci rivolgiamo a Lei a nome dell'Associazione Precari della Ricerca Italiani (APRI), scegliendo la via di una lettera aperta pubblicata sul blog della nostra associazione contestualmente all'invio al suo indirizzo di posta elettronica, per proporre alcune considerazioni in merito alla bozza di decreto sul FFO 2013 recentemente circolata. Ci teniamo in primo luogo ad esprimere il nostro apprezzamento per quanto contenuto nell'art. 6, con la previsione di uno stanziamento di fondi - da distribuirsi anche tenendo conto della VQR - di posti di Ricercatore a Tempo Determinato di tipo B. Si tratta in effetti di un'iniziativa da noi lungamente richiesta, e che ci pare risponda all'esigenza reale di incentivare questo tipo di contratti che altrimenti - come dimostrano i bandi usciti finora - finirebbero con l'essere sostanzialmente trascurati dagli atenei.

Ciò detto, vorremmo proporLe dei possibili miglioramenti. Proprio perché riteniamo che l'iniziativa sia di estrema importanza per il rilancio e lo svecchiamento del sistema universitario nazionale riteniamo che sia imperativo che - contestualmente all'allocazione di risorse apposite per il reclutamento di RTD di tipo B - si provveda anche a fare di tutto per rendere le selezioni il più possibile trasparenti e meritocratiche. Come Lei sa le disposizioni contenute della Legge 240 per il reclutamento di queste figure rappresentano, per alcuni versi, un passo indietro rispetto alle procedure di reclutamento delle ultime tornate di concorsi per Ricercatori a tempo indeterminato. In particolare si è fatto un passo indietro rinunciando ad imporre il sorteggio dei membri esterni delle commissioni, operazione che garantiva maggiore trasparenza.

Al fine di rendere veramente innovativo questo intervento formuliamo le seguenti proposte, tra loro alternative. Si potrebbe ipotizzare di allocare i posti non tramite concorsi locali, bensì attraverso procedure di selezione nazionale - basata sulla valutazione dei curricula e della pubblicazioni - sul modello di quanto già avviene per i bandi Montalcini. Le procedure nazionali renderebbero più trasparente e meritocratica la selezioni, riducendo il rischio di pratiche di reclutamento viziate da logiche localistiche. In alternativa, qualora per ragioni tecniche si ritenesse impraticabile questa prima ipotesi, chiederemmo di imporre agli atenei che volessero usufruire di tali risorse di provvedere al sorteggio dei membri esterni delle commissioni da un elenco nazionale. In entrambi i casi riteniamo che tali indicazioni possano essere contenute nello stesso decreto FFO, e dunque che siano tecnicamente fattibili e di facile applicazione.

Le chiederemmo altresì un approfondimento sul tema delle risorse destinate ai bandi Montalcini. Fine della nostra associazione è sempre stata la promozione di un sistema trasparente, europeo e autenticamente selettivo nel reclutamento universitario. Siamo assolutamente favorevoli all'apertura dei nostri atenei all'esterno, e proprio per questo ci chiediamo se e fino a che punto i bandi per il 'rientro dei cervelli' siano idonei allo scopo. Non sarebbero preferibili bandi aperti a tutti - italiani espatriati, stranieri, italiani in Italia - invece che posti riservati ad una sola categoria? Nel caso si riuscisse a rendere davvero più aperte e meritocratiche le selezioni per i posti di RTD di tipo B - secondo le modalità da noi indicate - non sarebbero tali procedure - aperte a tutti - da privilegiarsi rispetto a bandi rivolti ad una platea ristretta di soggetti? Pertanto, e anche in relazione all'esiguo numero di posti di tipo B banditi finora, le chiederemmo di voler considerare una rimodulazione dello stanziamento di risorse, destinando 10milioni all'incentivazione dei TDB e 5 ai bandi Montalcini.

Concordiamo inoltre con quanto suggerito dalla CRUI sull'opportunità che tali posti di RTD di tipo B si collochino al di fuori del conteggio dei punti organico su PROPER.cineca, cioè svincolati dal turn-over disponibile. Inoltre proporremmo di indicare espressamente che tali posti assegnati agli atenei NON debbano essere considerati ai fini del conteggio dei posti di tipo B da crearsi per ciascuna chiamata di Professori Ordinari, come prescritto dalla normativa vigente. Ciò garantirebbe che questi posti siano veramente aggiuntivi a quelli che gli atenei avrebbero comunque dovuto fare qualora intendessero reclutare nuovi Professori Ordinari.

Infine cogliamo l'occasione per chiedere di ripensare quanto prima lo stanziamento complessivo di risorse per il sistema, che è oggettivamente sottofinanziato, e di chiarire ogni equivoco circa la quota del 20% di posti destinati ad esterni nel reclutamento di PA e PO, come previsto dalla legge. In particolare ci preme che sia integralmente rispettato il dettato legislativo che impone che la suddetta quota sia conteggiata sulle teste e non sui costi.

Siamo naturalmente aperti e disponibili ad un confronto con Lei su questi punti.
In attesa di un riscontro da parte Sua cogliamo l'occasione per porgerLe i nostri migliori saluti.

martedì 26 marzo 2013

ODISSEA - CAPITOLO ???



Candidati a impatto zero e commissari indagati per abuso d’ufficio

Luciano Suss (Università di Milano), Pasquale Trematerra (Università del Molise) e Bruno Massa (Università di Palermo), commissari del  concorso da ricercatore per il settore Entomologia Generale e Applicata svoltosi all’Università di Milano nel 2010,  sono indagati dalla Procura di Milano per abuso d’ufficio.

Nel concorso, rifatto 3 volte dopo 2 pronunciamenti del TAR Lombardia, ha sempre vinto l’allieva e collaboratrice del prof. Luciano Suss, Sara Savoldelli, unica fra i candidati al concorso a non avere alcun articolo su rivista a impact factor.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dal PM Fabio De Pasquale (PM noto per i numerosi processi a carico del Cavaliere) afferma che i tre professori «redigevano i verbali dichiarando vincitrice del concorso la Savoldelli pur essendo questa priva dei parametri richiesti e stravolgendo i criteri di valutazione delle pubblicazioni scientifiche dei candidati». Non solo: i commissari, aggiunge il PM, «anche dopo la pronuncia del Tar procedevano nuovamente alla valutazione dei titoli in palese illegittimità delle procedure adottate, proclamando nuovamente la Savoldelli vincitrice del concorso».  
[Riassunto dei capitoli precedenti:

martedì 5 marzo 2013

Il blocco A e il blocco B nell’università italiana

Lo straordinario risultato elettorale del M5S alle elezioni politiche ha posto al centro dell'agenda politica nazionale uno dei problemi più gravi della società italiana: la divisione sempre più profonda e sempre più insopportabile tra chi è pienamente garantito, in ambito lavorativo e sociale, e chi è privo di tutele, abbandonato dalle istituzioni e dalle rappresentanze politiche e sindacali. Come APRI e altre associazioni di precari della ricerca, sono anni che denunciamo questa situazione, aggravata dai guasti prodotti dalla Legge Gelmini. L’università italiana è spaccata in due blocchi. Da un lato, un blocco A composto di decine di migliaia di ricercatori e docenti precari, che non hanno prospettive credibili di ottenere una posizione sicura che garantisca loro di guardare con serenità al futuro. Quelli che possono fanno le valigie e vanno a fare carriera all’estero. Quelli che non possono restano qui, ma perdendo l’entusiasmo e le motivazioni che sono fondamentali per produrre ricerca di qualità.  Dall’altro lato, c’è il blocco B, composto da ricercatori a tempo indeterminato e professori di ruolo, che occupano posizioni ultragarantite e di fatto inamovibili. Il precedente governo ha riservato nuove risorse per assumere professori di seconda fascia, ma è chiaro a tutti che con le attuali regole e con le pressioni esercitate dal blocco B, tale piano straordinario di reclutamento si tradurrà solo in avanzamenti di carriera per i ricercatori di ruolo. Inoltre, i professori associati e ordinari vanno in pensione solo a 70 anni, e ciò crea ulteriori impedimenti al ricambio generazionale e rende la classe docente italiana la più anziana del continente. APRI è da sempre convinta che l’età giusta per il collocamento a riposo dei professori di ruolo sia 65 anni, in linea con la media europea; APRI inoltre ha avanzato alle forze politiche 10 proposte (http://ricercatoriprecari.blogspot.it/2013/01/per-ridare-speranza-alla-ricerca.html) per ridare speranza al blocco A, oggi discriminato ed escluso, ma le forze politiche hanno risposto eludendo le questioni centrali, probabilmente perché il loro principale obiettivo è la difesa dei garantiti del blocco B (si veda ad esempio la risposta che ci è stata inviata da Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum Università e Ricerca del PD). Insomma, le porte restano chiuse per il blocco A, anche quando chiede valutazione e competizione meritocratica per i posti, come abbiamo fatto noi. Ciò induce allo scoramento, alla sfiducia completa nelle istituzioni, lasciando come unica possibilità il ricorso a soluzioni assistenzialistiche e corporative, le uniche che la classe politica tradizionale in passato ha adottato per il blocco A, per tenerlo sotto controllo e utilizzarlo come bacino di consensi elettorali.
Il quadro politico sembra però ora profondamente cambiato, e nuove prospettive potrebbero aprirsi per l'Università e la ricerca pubblica italiane. APRI intende proseguire sulla strada tracciata verso il raggiungimento dei propri obiettivi, per l’apertura al merito, per l’internazionalizzazione, per ridare speranza. APRI intensificherà il proprio dialogo col mondo politico, perché mai come in questo momento il nostro messaggio potrà risultare efficace contro rivendicazioni corporative che, se nuovamente assecondate dalla politica, potranno solo spingerci verso il baratro che il Paese già intravede.

lunedì 11 febbraio 2013

Le risposte del Partito Democratico ai 10 punti di APRI

Segnaliamo la cortese e articolata risposta al nostro appello -Per ridare speranza alla ricerca. Decalogo APRI per le forze politiche”  - inviata da Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum Università e Ricerca del PD e direttore della Scuola Sant’Anna di Pisa.

 Come si può leggere, appare chiaro che da parte del Partito Democratico vi sia la chiara intenzione di rilanciare il sistema universitario italiano, nonostante le note difficoltà nel reperimento di fondi dovute alla severa congiuntura economica italiana. Ci auguriamo però che il PD possa esprimere una risposta più articolata sulle strategie che intenderà adottare per il reclutamento di nuove leve, anche e soprattutto in termini di allocazione delle risorse da dedicare ai precari meritevoli.
In particolare, attendiamo ancora una risposta sul punto 2. riguardante il “ricambio generazionale” e la relativa proposta di bilanciamento delle quote di strutturati e non strutturati, che per noi costituisce un punto fondamentale delle nostre richieste alle forze politiche. Se si evita di parlare di reclutamento e in particolare di apertura del reclutamento ai ricercatori non strutturati, dopo che gli attuali “piani straordinari per professore associato” sono stati concepiti a beneficio pressoché esclusivo dei ricercatori a tempo indeterminato, tutto il resto rischia di assumere un’importanza secondaria.  


Ecco la risposta della professoressa Carrozza:


Gentile Presidenza dell’APRI,
abbiamo letto con attenzione il vostro contributo alla definizione di un programma per l’università e la ricerca italiana. Siamo convinti che il dialogo tra la politica e i ricercatori non sia una opzione tra le altre, ma il punto essenziale per l’elaborazione di provvedimenti condivisi. Per questo è fondamentale il lavoro di ascolto di realtà come la vostra, che abbiamo cercato di intraprendere in questi anni con il Forum Università e Ricerca del Partito Democratico, e che riteniamo essenziale per l’azione di governo.
Partiamo da alcune considerazioni di fondo per discutere in seguito, nello specifico, alcune tra le vostre proposte. Davanti alla fallimentare esperienza della “riforma Gelmini”, è essenziale riconoscere che il cambiamento nel campo dell’istruzione e della ricerca non può giungere da un attacco continuo, e spesso propagandistico, alle persone impegnate nelle istituzioni della conoscenza. Né può giungere da un impianto normativo sempre più burocratico, ipercentralista e iperdirigista, che, specie a partire dal 2008, è stato esclusivamente funzionale all’obiettivo dichiarato di indebolire il sistema pubblico dell’istruzione superiore, ritenuto – a torto – troppo dispendioso e troppo diffuso territorialmente. Il cambiamento viene piuttosto da un’analisi schietta (perché la crisi ce lo impone) delle patologie e delle difficoltà, per elaborare una diagnosi, per trovare una cura e soprattutto per determinare il rilancio dell’università e della ricerca.
Sappiamo che l’orizzonte europeo sarà fondamentale per il governo che uscirà dalle urne a fine febbraio. La Strategia Europa2020 punta al raggiungimento del 40% di laureati entro il 2020, mentre noi siamo poco sopra il 20%, contro una  media europea di circa il 32,5%.; ci chiede di arrivare a meno del 10% di dispersione scolastica, e noi siamo vicini al 19%, con punte molto più alte nel Sud e nelle isole, mentre la media europea è al 14%. Il Piano Nazionale di Riforma 2011 indica obiettivi inferiori rispetto non alle ambizioni europee per il 2020, ma alle medie europee del 2010: il 26-27% di laureati, il 15-16% di dispersione scolastica. Non dobbiamo mai dimenticare che “essere in Europa” significa essere all’altezza di questi obiettivi con le nostre politiche pubbliche. Non si tratta di perseguire obiettivi irrealistici, ma, mentre si parla di “crescita”, non perdere mai di vista, nell’azione di governo, il legame essenziale tra crescita, università e ricerca.  Che cosa significa, allora, “centralità dell’istruzione e della ricerca”? Come si evince dal Rapporto Giarda, l’Italia negli ultimi 20 anni ha ridotto enormemente il totale della spesa pubblica destinata all’istruzione, che è passato dal 23,1% della spesa del 1990 al 17,7% della spesa nel 2009 (-5,4%). Una pianificazione che è avvenuta in “deficit democratico”, perché non è mai avvenuta una scelta trasparente in merito a tale disinvestimento, che non ha paragone in nessun altro comparto della spesa dello stato. Per questo è necessaria, oggi più che mai, un’inversione di tendenza. Il nostro impegno sulle risorse è quello di una netta discontinuità, con un rifinanziamento pluriennale del sistema universitario per riequilibrare lo sciagurato ‘taglio’ del Governo Monti di 300mln di euro del FFO e ripristinare almeno la situazione del 2012 (circa 7mld di euro). È necessaria una graduale convergenza, con una progressione pluriennale, verso media UE.
Quest’inversione di tendenza deve investire le prospettive dei ricercatori che, come notate, hanno subito la riduzione dell’offerta formativa delle università, vedendo una crescita costante del precariato nella didattica e nella ricerca. L’elefante nella stanza, come ricordate nelle vostre considerazioni, è il blocco del turn-over. È perciò necessario intervenire su questo punto, ma nell’ottica di un cambio di prospettiva che prevede, su pre-ruolo, reclutamento e carriere, lo stop al precariato, contratto unico, un vera tenure track (problema essenziale che ponete nell’introduzione e al punto 4) e ruolo unico di docenza. Il nostro programma prevede una semplificazione delle figure pre-ruolo, concentrando tutte le figure post-doc in due tipologie: un Contratto unico di ricerca e posizioni di professore junior in tenure track (percorsi a tempo determinato che prevedano fin dall'inizio la possibilità di arrivare, previe periodiche valutazioni favorevoli, all'inserimento stabile nei ruoli universitari). È inoltre necessario sbloccare le risorse per i giovani e separare reclutamento e avanzamenti. Si deve investire sulla mobilità, estendendo progressivamente l’efficacia delle disposizioni anti inbreeding (come nel vostro punto 5), puntando verso un sistema di tipo tedesco e impedendo lo svolgimento di tutta la carriera sempre nella stessa sede. Dobbiamo assolutamente modificare gli attuali meccanismi di allocazione dei punti organico che favoriscono le promozioni dei candidati locali a scapito delle assunzioni di professori dall’esterno. Servono bandi nazionali per posizioni post-doc e di tenure track che offrano ai vincitori il budget economico e i fondi di ricerca, lasciando loro la possibilità di scegliere in autonomia l’ateneo presso il quale svolgere la propria attività (escluso l’ateneo di origine), consolidando il budget legato alla posizione nel FFO.

Per quanto riguarda i programmi di “rientro dei cervelli” che toccate al punto 2, si tratta di attuare programmi che possano definirsi di vera “circolazione dei cervelli”. Nel sistema globale e interconnesso della ricerca, l’attrazione non riguarda tanto i giovani “perduti” che “devono” tornare, ma i talenti di qualsiasi nazionalità che devono sentirsi accolti in Italia. Tra le nostre proposte (nel dettaglio qui in appendice, in un documento che contiene anche il programma ambizioso di potenziamento dell’Erasmus, che oggi interessa solo l’1% degli studenti italiani): Valorizzare in sede concorsuale, come già accade in alcuni settori, le esperienze di insegnamento e ricerca all’estero; incentivare gli insegnamenti in lingua straniera per stimolare le università a chiamare studiosi con esperienze in atenei e centri di ricerca stranieri; bandire posizioni nazionali per ricercatori post-doc (con possibilità di scegliere in autonomia l’ateneo presso il quale svolgere la propria attività) rivolti anche a studiosi stranieri; lavorare per l’equipollenza e riconoscimento dei titoli all’estero per i titoli accademici nello spirito di creare uno spazio europeo di istruzione superiore. Attivare un sistema di “cattedre condivise”, sul modello di quelli già esistenti in Paesi stranieri, nell’ambito del quale sia possibile assegnare a studiosi (italiani e stranieri) che insegnano presso università straniere una parte variabile di una cattedra. Rendere più competitivo il sistema dei compensi (il che si lega alla questione da voi posta al punto 6): previsione di basi retributive adeguate per tutte le attività post-doc, incremento della parte variabile della retribuzione dei docenti strutturati.

La vicenda dell’ANVUR, che a nostro avviso va affrontata tenendo conto della sproporzione tra i compiti dell’agenzia (che non hanno pari in altri paesi paragonabili al nostro) e il suo personale, oltre alla questione della dipendenza dal MIUR, va inquadrata in un’idea di valutazione che, proprio perché fondamentale, deve essere meno fondata sulla burocrazia. E correggere i difetti burocratici è essenziale anche per le questioni da voi poste, nello specifico, sulla ricerca. Facciamo un esempio concreto, che a nostro avviso punta a cambiare un sistema MIUR-MiSE con cui si scontrerebbero gli stessi uffici da voi proposti al punto 8. Come abbiamo spiegato nel dettaglio qui a partire dalle esperienze di ricercatori come voi, è essenziale adottare in Italia il “diritto alla semplicità”, basandosi sulle buone pratiche che caratterizzano le grandi agenzie di finanziamento della ricerca europee e straniere. Per esempio, nell’esperienza UE, i ricercatori si rivolgono a un unico portale, aggiornato e condiviso, per tutta la documentazione utile, a un solo portale per tutte le informazioni e gli strumenti utili, e possono presentare la proposta on-line, senza bisogno di firme. Durante la fase di valutazione della proposta, si dà maggiore importanza al contenuto tecnico-scientifico, alla proposta di implementazione e all’impatto atteso rispetto agli aspetti burocratici. È quindi essenziale superare l’ottica “ragionieristica” o “burocratica” e non improntato all’innovazione. Di conseguenza, sui deve cambiare profondamente l’approccio delle strutture ministeriali.
L’ultima vostra proposta (punto 10) è in linea con un elemento presente da tempo nel programma del PD (nel programma approvato dall’Assemblea Nazionale nel 2010, così come nelle raccomandazioni all’ultimo governo): l’istituzione di un’Agenzia di programmazione e finanziamento della ricerca che esprima le posizioni del governo e del parlamento sulle priorità della ricerca. L’Agenzia deve puntare sull’accelerazione delle procedure e sul rispetto dei tempi dei progetti di ricerca e deve svolgere allo stesso tempo un’attività di road-mapping università-politica-impresa. Necessita di funzionari di livello adeguato che siano formati sulla ricerca internazionale e abbiano conseguito il dottorato di ricerca. Dobbiamo inserirci in Europa, con un sistema di programmazione e finanziamento della ricerca adeguato ad un sistema europeo (e che quindi possa contribuire a una strategia rilevante per il punto 9). Lo European Research Council ci indica esattamente il metodo migliore da adottare per valutare e finanziare la migliore ricerca, che deve essere valutata per la sua eccellenza scientifica senza le assurde regole attuali applicate nelle selezioni dei PRIN. 

Ringraziandovi ancora per il vostro contributo, ribadiamo la nostra convinzione sulla necessità di ridare speranze e risorse a tutte le persone che “fanno” la ricerca italiana ogni giorno. Università e ricerca per noi non sono la “ciliegina sulla torta” o il “fiore all’occhiello” dell’economia italiana: sono e devono essere la base di ogni ragionamento credibile di governo sullo sviluppo e sul futuro del nostro paese.