domenica 30 marzo 2014

Concorsi ad personam aperti a tutti

La ben nota Legge 30 dicembre 2010 n. 240 di riforma del sistema Universitario, ai più nota come Legge Gelmini, ha introdotto importanti novità soprattutto nell’ambito del reclutamento universitario. Il ruolo di Ricercatore Universitario (a tempo indeterminato) è stato messo in esaurimento a favore di due figure di Ricercatore a Tempo Determinato, alle quali si accede mediante concorso pubblico. Per accedere ai ruoli a tempo indeterminato, ovvero Professore di Prima o Seconda fascia, il candidato deve inoltre possedere la corrispondente Abilitazione Scientifica Nazionale. I futuri professori possono essere chiamati direttamente dagli atenei a ricoprire il ruolo (riservando una quota non inferiore al 20% agli “esterni”), oppure possono partecipare ai concorsi pubblici banditi dai singoli Atenei per quel ruolo.

Pertanto, la via principale per il reclutamento nel sistema universitario rimane il concorso, il quale è disciplinato dagli articoli 18 (Professore di prima o seconda fascia) e 24 (ricercatore a tempo determinato) della Legge. Tra i criteri generali la Legge sancisce che:

Articolo 18:
1. Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri: 
 a) pubblicità del procedimento di chiamata sul sito dell'ateneo e su quelli del Ministero e dell'Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari; informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale;
(omissis)

Articolo 24:
(omissis)
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università con regolamento ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri:   
 a) pubblicità dei bandi sul sito dell'ateneo e su quelli del Ministero e dell'Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari; informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale; previsione di modalità di trasmissione telematica delle candidature nonche', per quanto possibile, dei titoli e delle pubblicazioni;
(omissis)

La Legge appare inequivocabile. Infatti il bando del concorso deve contenere “specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari”. Inoltre la Legge è perfettamente in linea con i principi della Carta europea dei Ricercatori, la quale pone come principio generale proprio la libertà di ricerca.
Molti Atenei hanno disatteso il criterio sopra riportato. Infatti, con una preoccupante frequenza, i bandi contengono una dettagliata descrizione dell’impego, inclusi i compiti di ricerca, che il futuro ricercatore/professore dovrà svolgere. Di tale comportamento illegittimo è complice il MIUR, con il sito web http://bandi.miur.it, nato con lo scopo di pubblicizzare i bandi per il reclutamento universitario. L’appena citato sito web ospita diverse tipologie di bandi, e quindi fornisce una maschera all’interno della quale vi sono diversi campi, come ad esempio “titolo del progetto di ricerca”, atti a descrivere il concorso bandito.  Appare evidente che la maschera contiene campi descrittivi che si devono adattare alle diverse tipologie di bandi ivi pubblicati. Bandi che vanno dal Tecnologo, all’Assegnista di Ricerca, che compie la sua ricerca in funzione del progetto per il quale si emette il bando stesso, fino al Professore di Prima Fascia.
Qualcuno ha invece ritenuto la presenza di tali campi consentisse di definire compiti e funzioni di ricerca molto precisi al futuro ricercatore/professore vincitore del bando, talvolta indicando persino un responsabile scientifico.

E’ evidente che tale pratica serve a scoraggiare la partecipazione al bando a coloro, che pur avendo i requisiti professionali richiesti, non svolgono ricerca nello specifico ambito richiesto, il quale è invece appannaggio del candidato interno di turno. Insomma: Bandi ad personam aperti a tutti.

Come APRI abbiamo sollecitato il ministro pro tempore a un controllo attento sulle procedure, ma la risposta è stata negativa. Anche il MIUR ha consentito questo comportamento illegale e scorretto da parte degli Atenei.

venerdì 28 marzo 2014

Università: il ministero e i concorsi a fotografia

Di
(articolo originariamente apparso su l'Unità del 7 marzo 2014)

Siamo in regime di blocco del reclutamento universitario, ma qualche concorso viene ancora bandito. Si tratta di concorsi a posti di “ricercatore a tempo determinato” una nuova figura che, secondo la recente riforma dovrebbe costituire il canale principale di reclutamento dei giovani alla carriera universitaria.
I concorsi dovrebbero essere aperti a tutti i giovani qualificati, ma molti professori, con il consenso delle università e del Ministero hanno trovato il modo di riservarli a priori ad alcuni predestinati. Lo strumento è ben noto, si tratta del cosiddetto “concorso a fotografia” per il quale nel bando viene disegnato un “profilo” del futuro vincitore che corrisponde esattamente al profilo scientifico del predestinato, ad esempio corrisponde al titolo e all’argomento della sua tesi di dottorato. Questa pratica furbesca che consente di prescindere dal merito scientifico dei concorrenti è talmente ben nota che la legge la proibisce esplicitamente.  La Legge 240 del 2010 stabilisce che  un eventuale “profilo” può essere specificato  “esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico disciplinari”, per fare un esempio si potrà specificare che il candidato debba essere un esperto di “Probabilità e Statistica Matematica” ma non necessariamente un esperto di  “Processi di diffusione negli spazi ultrametrici”.
I bandi che non rispettano la legge dovrebbero essere censurati dal Ministero, ma questo non avviene; anzi il Ministero stesso incoraggia questo tipo di bando consentendo la descrizione del profilo nel sito ufficiale del Ministero. La violazione della legge potrebbe essere eliminata attraverso il ricorso di un candidato ai Tribunali Amministrativi, ma i ricorsi costano e nessuno può garantire che il ricorrente che ottenga dal tribunale la cancellazione del “profilo” dal bando, risulti poi vincitore. Complice il Ministero si sta diffondendo quindi una prassi illegale che può portare solo danni al sistema universitario.
Naturalmente le scuse per violare la legge sono molte, ma tutte legate a una caratteristica negativa del sistema universitario e scientifico in Italia e cioè la sua struttura gerarchica, che prevede che gli argomenti e la direzione della ricerca siano indicati da un anziano “grande capo”, mentre i giovani nell’età più creativa vengono mantenuti in una situazione di dipendenza. Secondo questa prassi il posto di ricercatore appartiene quindi ad un “grande capo” che ha diritto di scegliersi il “collaboratore”. Localismo e nepotismo, i mali dell’università italiana sono casi estremi di questa assurda prassi.

domenica 23 marzo 2014

L'Abilitazione Scientifica Nazionale NON è un processo di abilitazione all'insegnamento

Nell'articolo pubblicato su La Repubblica il 18 febbraio scorso, “Università, bocciati all'abilitazione ma costretti a insegnare” di Salvo Intravaia, c'è un equivoco di fondo: il sistema dell'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) non è un processo di abilitazione all'insegnamento, ma la verifica dei risultati scientifici raggiunti, quali pubblicazioni e progetti, al fine di assicurare l'eccellenza scientifica di chi ricoprirà le posizioni di professore. La parola abilitazione usata nel sistema ASN assume un significato completamente diverso da quando è usata per la scuola.
Con l'entrata in vigore della Legge 240/2010, detta legge Gelmini, l'aver superato l'ASN è condizione necessaria, ma non sufficiente, per poter ambire alle posizioni di professore di I e II fascia (ordinari e associati) nelle università italiane. E' il titolo necessario per poter accedere alle uniche due figure assunte a tempo indeterminato che svolgono attività di ricerca e di didattica, ma non è il titolo necessario per poter insegnare, infatti l'attività di didattica condotta nelle aule italiane non è oggetto di valutazione e nelle nostre università la docenza non è erogata solo dai professori di I e II fascia.
Quando gli studenti iscritti alle università italiane entrano in un'aula per assistere ad una lezione si possono trovare davanti il titolare del corso oppure un'altra persona che svolge quella che viene chiamata didattica integrativa, cioè attività di laboratorio, esercitazioni, cicli di seminari ecc..
Dall'entrata in vigore della legge Gelmini, i titolari dei corsi dovrebbero essere i docenti di I e II fascia, docenti a contratto (cioè persone assunte con contratto a tempo determinato per svolgere quelle funzioni), oppure ricercatori a tempo determinato. Ai ricercatori universitari a tempo indeterminato (figura ad esaurimento dopo l'entrata in vigore della legge), agli assegnisti di ricerca, cioè ai ricercatori assunti a tempo determinato per svolgere attività di ricerca su un progetto specifico, e ai dottorandi spetta la didattica integrativa, l'attività di verifica dell’apprendimento e l'attività di servizio agli studenti, incluso l’orientamento e il tutorato.
E' quindi evidente che nell'università possono insegnare molte persone più o meno titolate e con contratti molti diversi e, soprattutto, che l'abilitazione non è un titolo richiesto per svolgere attività di didattica.
Gli insegnamenti svolti verranno presi in considerazione a valle della ASN, quando nei concorsi locali, fra tutte le persone abilitate che presenteranno domanda, si andrà a scegliere la persona più adatta a ricoprire il ruolo di I o II fascia, tenendo conto delle esigenze didattiche del dipartimento di afferenza.

L'ASN ha piuttosto messo in luce che ci sono molti ricercatori precari (assegnisti, ricercatori a tempo determinato, contrattisti, co.co.co...) che hanno conseguito l'abilitazione, ma che molto difficilmente riusciranno ad essere assunti nelle Università italiane, perché il sistema accademico è sotto-finanziato e i pochi soldi che si hanno a disposizione verranno spesi a favore degli avanzamenti di carriera, sacrificando almeno un'intera generazione di ricercatori.

mercoledì 5 marzo 2014

Lettera aperta per il Ministro Giannini

Gentile Ministro Giannini,

Le scrivo a nome dell'Associazione Precari della Ricerca Italiana (APRI). La nostra associazione si è battuta, da sempre, per aprire il sistema dell'università  e della ricerca italiano, per renderlo più trasparente e più in linea con le migliori pratiche europee.
Vorremmo chiederLe un incontro per discutere quanto prima alcune problematiche connesse al sistema universitario e  alla valorizzazione di una generazione di studiosi che si trovano in condizioni precarie pur avendo dato ripetutamente prova delle loro qualità, e ottenendo in molti casi l'abilitazione scientifica per la seconda fascia.

In primo luogo La invitiamo a prendere delle misure urgenti e di facile realizzazione che, a costo zero, garantirebbero maggiore trasparenza e apertura nel sistema dei concorsi:

1. Segnaliamo il susseguirsi di numerosi bandi concorsuali per posizioni ex art 24, comma 3, lettere a) e b) richiedenti specifici e dettagliati profili scientifici, ove la legge consente invece soltanto la specificazione di un eventuale profilo “esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari". Lo stesso problema si pone per i bandi da Professore associato e da Professore ordinario che stanno uscendo ora con la conclusione delle procedure abilitative. Anche in questo caso i profili sono in aperto contrasto con la legge, la formulazione delle norme è infatti la medesima per i posti a TD  e per i posti da Prof. Si tratta con tutta evidenza di pratiche poco trasparenti ed evidentemente illegittime, che soffocano la competizione e portano ad una chiusura asfittica del sistema della ricerca.

2. Invitiamo inoltre il Ministero a vigilare sull’applicazione, prevista dalla legge, della quota minima obbligatoria di assunzione del 20% di “esterni” all’Ateneo, da calcolarsi nel rispetto della legge, dunque non sui costi bensì sul numero di assunzioni. Ricordiamo infatti che l'art. 18, comma 4 della legge 240 specifica con assoluta chiarezza che "Ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa." E' del tutto evidente che la dicitura "le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili" implica che la quota sia da calcolarsi sul numero dei posti e non, come ha suggerito in precedenza lo stesso Ministero tramite circolare, sui costi. 

Se volesse intervenire con semplici circolari esplicative, garantendo il pieno rispetto della lettera e dello spirito della normativa, potrebbe rapidamente garantire una maggiore apertura del sistema dei concorsi. Inoltre eviterebbe il rischio di contenziosi amministrativi che non gioverebbero a nessuno.


Inoltre vorremmo discutere con Lei di misure volte a rendere equa la competizione nei concorsi per la seconda fascia - in cui come Lei sa la differenza di costo tra la promozione di un interno e la chiamata di un esterno rende assai squilibrata la selezione a favore degli interni. In passato il MIUR stanziò fondi appositi per gli Idonei non strutturati, per parificare i costi rispetto agli strutturati.

Crediamo infine sia opportuno e possibile rilanciare il reclutamento di posizioni di Ricercatore a Tempo Determinato di tipo B, con tenure track. Come sa gli atenei hanno bandito pochissimi posti di questo tipo, rischiamo dunque che - se non vi saranno correttivi - il sistema destini nei prossimi anni il grosso delle risorse ad avanzamenti di carriera e non ad un reclutamento vero capace di immettere nel sistema forze fresche.

Noi riteniamo che, anche per uscire dal localismo esasperato che caratterizza le selezioni, sarebbe auspicabile una misura straordinaria - in linea anche con quanto suggerito di recente dalla CRUI. Pensiamo a una revisione degli attuali bandi Montalcini, che vengano però allargati non solo a coloro che lavorano all'estero ma anche a coloro che lavorano in Italia. Dunque un bando nazionale per RTDB, dando la possibilità ai vincitori - in ordine di graduatoria - di scegliere la sede dove entrare in servizio. Di seguito i dettagli del piano per come noi lo abbiamo immaginato:

 1. Garanzia del budget, da accantonare obbligatoriamente e dal momento in cui il TDB prende servizio, per l’eventuale passaggio nel ruolo dei Professori Associati [garanzia assente nei bandi Montalcini ma prevista dalla Legge 240/10].
 2. Cofinanziamento MIUR del budget per il passaggio a PA di cui al punto 1,  per un ammontare corrispondente al 50%, a gravare sulla quota premiale FFO.
 3. Abolizione vincoli di età anagrafica o di anni dal dottorato, attualmente presenti sui bandi Montalcini, e dalla dubbia legittimità come dimostra una recente sentenza del TAR di  Cagliari.
 4. I vincitori siano esterni alla sede che li accoglie ed in cui prendono servizio. “Esterno” può essere definito un candidato che nei tre anni precedenti la data di scadenza del bando non abbia prestato servizio come Ricercatore TD, Assegnista o Post Doc nella sede prescelta.
 5. Commissioni sorteggiate da una lista di esperti, aventi i requisiti stabiliti dall'ANVUR (superamento delle mediane). Deve essere assicurata adeguata rappresentanza nelle commissioni ad esperti operanti all'estero (non solo uno su cinque come nell'ASN).
 6. Valutazione basata esclusivamente sul CV (titoli e pubblicazioni), eliminando la richiesta di un progetto di ricerca. La valutazione deve avvenire sulla base di griglie con punteggi predefiniti come quelle adottate autonomamente dall’Università di Genova e dal Politecnico di Torino per le ultime tornate di concorsi da ricercatore a tempo indeterminato.
 7. Distribuzione dei posti. Il MIUR assegna i posti ai migliori Dipartimenti italiani sulla base del VQR. In base all’ordine in graduatoria i vincitori potranno scegliere la sede.
 8. Piena portabilità dei fondi. Qualora un Dipartimento non voglia accettare un TDB nazionale, al vincitore spetta il diritto di portare il budget presso altra sede. Vanno previsti premi/punizioni in termini di quota premiale FFO per i Dipartimenti che accettano/rifiutano queste posizioni.
 9. I TDB nazionali NON devono contare ai fini del rapporto TDB-PO di ciascun ateneo. Questo per garantire che siano effettivamente posti in più.


In attesa di un riscontro da parte Sua Le porgo i miei migliori saluti.
Per APRI, il Presidente
Luigi Maiorano