domenica 23 marzo 2014

L'Abilitazione Scientifica Nazionale NON è un processo di abilitazione all'insegnamento

Nell'articolo pubblicato su La Repubblica il 18 febbraio scorso, “Università, bocciati all'abilitazione ma costretti a insegnare” di Salvo Intravaia, c'è un equivoco di fondo: il sistema dell'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) non è un processo di abilitazione all'insegnamento, ma la verifica dei risultati scientifici raggiunti, quali pubblicazioni e progetti, al fine di assicurare l'eccellenza scientifica di chi ricoprirà le posizioni di professore. La parola abilitazione usata nel sistema ASN assume un significato completamente diverso da quando è usata per la scuola.
Con l'entrata in vigore della Legge 240/2010, detta legge Gelmini, l'aver superato l'ASN è condizione necessaria, ma non sufficiente, per poter ambire alle posizioni di professore di I e II fascia (ordinari e associati) nelle università italiane. E' il titolo necessario per poter accedere alle uniche due figure assunte a tempo indeterminato che svolgono attività di ricerca e di didattica, ma non è il titolo necessario per poter insegnare, infatti l'attività di didattica condotta nelle aule italiane non è oggetto di valutazione e nelle nostre università la docenza non è erogata solo dai professori di I e II fascia.
Quando gli studenti iscritti alle università italiane entrano in un'aula per assistere ad una lezione si possono trovare davanti il titolare del corso oppure un'altra persona che svolge quella che viene chiamata didattica integrativa, cioè attività di laboratorio, esercitazioni, cicli di seminari ecc..
Dall'entrata in vigore della legge Gelmini, i titolari dei corsi dovrebbero essere i docenti di I e II fascia, docenti a contratto (cioè persone assunte con contratto a tempo determinato per svolgere quelle funzioni), oppure ricercatori a tempo determinato. Ai ricercatori universitari a tempo indeterminato (figura ad esaurimento dopo l'entrata in vigore della legge), agli assegnisti di ricerca, cioè ai ricercatori assunti a tempo determinato per svolgere attività di ricerca su un progetto specifico, e ai dottorandi spetta la didattica integrativa, l'attività di verifica dell’apprendimento e l'attività di servizio agli studenti, incluso l’orientamento e il tutorato.
E' quindi evidente che nell'università possono insegnare molte persone più o meno titolate e con contratti molti diversi e, soprattutto, che l'abilitazione non è un titolo richiesto per svolgere attività di didattica.
Gli insegnamenti svolti verranno presi in considerazione a valle della ASN, quando nei concorsi locali, fra tutte le persone abilitate che presenteranno domanda, si andrà a scegliere la persona più adatta a ricoprire il ruolo di I o II fascia, tenendo conto delle esigenze didattiche del dipartimento di afferenza.

L'ASN ha piuttosto messo in luce che ci sono molti ricercatori precari (assegnisti, ricercatori a tempo determinato, contrattisti, co.co.co...) che hanno conseguito l'abilitazione, ma che molto difficilmente riusciranno ad essere assunti nelle Università italiane, perché il sistema accademico è sotto-finanziato e i pochi soldi che si hanno a disposizione verranno spesi a favore degli avanzamenti di carriera, sacrificando almeno un'intera generazione di ricercatori.

40 commenti:

  1. Che ne pensate della proposta di legge dell'On. Capua sulla figura del ricercatore indipendente? Io la trovo ben strutturata ed al passo con i tempi.......

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  2. hai modo di postare il link? non la conosco nei dettagli...

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  3. Eccolo
    http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0017200.pdf

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  4. bella proprio bella!! Io ci includerei anche un set di lenzuola, quattro padelle antiaderente e una radiosveglia. Anzi un' idea ancora migliore, ricercatori con partita IVA oppure no sentite questa ricercatori con voucher. Ovviamente solo per chi ha avuto la fortuna di nascere dopo gli anni 70.
    Per gli altri ovviamente no, culo al caldo a vita!!

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    1. Sapevo di poter contare sul solito commento equilibrato......tanto la promozione ope legis non te la danno.....

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  5. a parte che Orizzonte 2020 non si puo' sentire, qualcuno mi dovrebbe spiegare una cosa: nel momento in cui fossi cosi' bravo e fortunato da vincere un grant ERC e fossi quindi nelle condizioni di scegliermi qualunque universita' euopean che mi accoglierebbe a braccia aperta, per quale motivo dovrei scegliere di venire in Italia con uno stipendio che è meno della meta' di quello che percepirei in altri posti?

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  6. Ci saranno pure quelli che hanno motivazioni diverse dalle tue..............idee diverse dalle tue ed un modello di università diverso dal tuo.......hai notato che nella proposta di legge si interviene sulla leva fiscale (IRAP E IRES) e che l'on. Capua è una ricercatrice di livello internazionale?

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  7. L'Abilitazione Nazionale non è un processo di abilitazione all'insegnamento, MA Dovrebbe anche esserlo. Infatti ogni Procedura di Abilitazione testa i requisiti minimi per l'esercizio di quella Professione, e così sia anche per PA e PO.

    Einstein dovette ritardare di un anno l'accesso al ruolo di Associato perché non si preparava le lezioni (nelle quali faceva parecchio casino sulla lavagna) e il giorno dell'esame di abilitazione per la parte didattica (che si faceva proprio "dal vivo", venendo a vedere una lezione che l'Assistente faceva) fu giustamente trombato.

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    1. renzino, non far finta di non capire.

      qui si polemizza con repubblica e con la cgil che lamentavano che secondo loro sarebbe assurdo non aver abilitato di default gli rti che già insegnavano e si chiedevano che titolo avrebbero ora per insegnare.

      il punto è che non è necessario essere abilitati per insegnare: oltre agli rti non abilitati lo fanno i docenti a contratto e i td (a e b)

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  8. non è che dobbiamo scomodare Einstein...gli ultimi concorsi PA svoltisi in Italia prevedevano la cosiddetta "prova di lezione"...bastava lasciarla...

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    1. infatti è prevista nei concorsi locali, per gli atenei che hanno deciso di andare in questa direzione.

      la didattica è valutata dopo l'abilitazione scientifica, ed è giusto così. così succede ovunque ci siano forme di abilitazione scientifica

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    2. Veramente e' prevista spesso solo per i non strutturati. Molti atenei scelgono di farla fare solo ai precari, mentre la evitano per gli RTI...un'ulteriore ingiustizia da sommare al divario 0.2-0.7. In pratica stanno dicendo: che ci andate a fare ai concorsi che non sono per voi???

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    3. di nuovo, dipende dai regolamenti di ateneo

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  9. @marcomar
    non è questione di motivazioni. A me piacerebbe molto tornare in Italia. C'e' questione di figli a carico da mantenere che soffrirebbero parecchio per un dimezzamento dello stipendio.
    La questione della leva fiscale non l'ho notata, di cosa si tratta esattamente? In genere il problema di questo tipo di agevolazioni è che sono a tempo. Ricordo ancora la mazzata che ricevetti quando fini' il periodo delle agevolazioni fiscali per chi apriva una nuova partita IVA.
    V.

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    1. art. 4 della proposta...esenzione dall'IRAP (l'imposta più idiota che esista nel mondo occidentale, dal momento che tassa componenti negative del reddito) e art. 5....esenzione dall'IRPEF (se non paghi le imposte sul reddito praticamente il tuo stipendio raddoppia)...e così ho risposto alla tua obiezione...vogliamo discutere di questa roba oppure no?

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  10. marcomar, non ti dannare troppo, l'ope legis la faranno ma ahimè tra qualche anno e quando sarò/emo ormai bollitio/i. Ad un certo punto si apriranno le porte e a quel punto largo ai giovani, tutti quelli che saranno sulla soglia entreranno. E' semplicemente...storia!! Tu a quel punto sarai troppo titolato per accettare un posto fisso regalato do 15-20 anni di precariato sottopagat, 50 pubblicazioni etc etc. e rifiuterai il posto.

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  11. http://www.lavoce.info/universita-professori-universitari-concorsi-abilitazione/

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  12. @marcomar
    possiamo senz'altro discuterne. La proposta l'ho letta ed è sicuramente sensata. Per quanto mi riguarda tutta la ricerca dovrebbe funzionare in questo modo, sottraendo risorse al FFO ed assegnadole a progetti di ricerca, anche di interesse nazionale e non solo finanziati a livello Europeo. Ho però qualche perplessità in quanto messa così, si stabilirebbe una sorta di doppio sistema la cui convivenza pare estremamente difficile, con una parte di ricercatori "indipendenti", produttivi, che si danno da fare a cercare fondi, insomma ricercatori moderni, ed un'altra parte di salariati a vita senza nessun interesse a fare ricerca perchè tanto la loro posizione è comunque assicurata. Come minimo, questi andrebbero messi tutti ad esaurimento e non mi pare ci sia questa intenzione.
    Rispetto agli sgravi fiscali, rimango della mia opinione. Sono una sorta di escamotage che potrebbe effettivamente rendere le posizioni attraenti. Però non mi piacciono e non seguo la filosofia che il fine giustifica i mezzi. Se fossi un ricercatore indipendente preferirei un salario doppio e pagare le tasse piuttosto che uno basso e non pagarle (fino al successivo governo / ministro).
    Ciao,
    V.

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  13. A quell'Asino di Ministro dico che "concorso" in Inglese si traduce "Open Competition" e lo sanno bene quelli che conoscono le Istituzioni Europee. E nei paesi anglosassoni è ovvio che si tratti di un concorso anche se lo chiamano "recruitment procedure" o "selection".
    Concorso significa concorrenza nell'attribuzione di una prerogativa. Non volete la concorrenza? Andate a zappare l'orto o a vendere bottigliette di acqua minerale. E l'Abilitazione Nazionale non è un "Concorsone", ma un'Abilitazione, appunto.

    http://www.corriereuniv.it/cms/2014/03/lintervista-al-ministro-giannini-bonus-numero-chiuso-abilitazioni-insegnanti-cosi-cambiano-scuola-e-universita/

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    1. C'è una bella differenza tra un concorso italiano e l'equivalente anglosassone. Scegliere chi reclutare sulla base di un meccanismo strutturato (tema, quiz o singolo colloquio) non dà nessuna garanzia di fare la scelta migliore. Ti faccio un esempio: recentemente abbiamo assunto un biostatistico. Dopo l'ovvia valutazione di una trentina di curriculum, abbiamo selezionato tra 10 candidati attraverso tre colloqui e chiedendogli di fare dei "compiti a casa" simili a quelli che avrebbe dovuto svolgere al lavoro. Nell'ultima sessione l'abbiamo messo di fronte ad un panel composto dai leader dei gruppi di ricerca con cui avrebbe dovuto lavorare ed ognuno gli ha fatto domande nell'ambito specifico di lavoro. Si è poi discusso nel panel quale dei candidati era più promettente e arrivati ad una decisione unanime. Alla persona scelta è stato poi fatto un contratto (pieno, con tutti i social benefits) di 6 mesi, chiarendo subito che il rinnovo per un periodo più lungo non era affatto scontato ma correlato al rendimento. Dopo due anni si arriva al tempo indeterminato, che è comunque subordinato alla disponibilità di fondi di ricerca (come per tutti gli altri). Questa secondo me è selezione e competizione. Dimmi cosa c'è di tutto questo in un concorso italiano.
      V.

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    2. E secondo te in Italia si può lasciare libera la scelta della procedura? Guarda che siamo il Paese in cui c'è gente che ha perfino chiesto *esplicitamente* di eliminare le valutazioni tramite esami scritti e addirittura nei colloqui dalle procedure concorsuali per posti da ricercatore. Ed è stata accontentata! Se non ti è consentito di utilizzare neanche i colloqui per fare valutazioni figuriamoci che razza di procedura puoi mettere in piedi - ti rimane il "curriculum" e basta. Tzé.

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  14. premetto che avverto sempre un certo mal di stomaco quando leggendo proposte di precariato a vita lanciate come cacca contro le pale di un ventilatore da parte di personaggi che vivono ed hanno vissuto da statali (e da mo a tempo indeterminato) e che nutro una certa perplessità (o forse invidia) nei confronti di chi in una sola vita (e a volte simultaneamente) riesce a svolgere bene il ruolo di ricercatore e di politico, vorrei sapere da te marcomar come affronteresti alcune cose nelle vesti di RTI (ricercatore a tempo ma indipendente).
    Ad esempio: la malattia o che ne so, una gravidanza, la fine di un rapporto lavorativo (TFR) o semplicemente il fatto di essere indipendente ma precario in mezzo a non precari (tra cui ricordo anche la proponente, che immagino essersi licenziata per intraprendere la nuova strada, giusto!!).

    A questo punto andiamo oltre, chiudiamo con la ricerca nelle università, lasciamo che all'interno degli atenei venga svolta la sola attività didattica. Il ricercatore diventi un libero professionista, un imprenditore, basta gruppi di ricerca solo start up e sta in piedi chi regge al mercato, sarebbe più serio di queste sparate che mirano semplicemente a creare una cerchia ristretta di tutelati e garantiti (gli unici in questo giochetto ad essere veramente indipendenti) ed un esercito di precari ricattabile a vita.

    PS: non ho letto di proposte di rinuncia di rimborsi elettorali verso la ricerca, ad esempio!! Come dire bella l'indipendenza se è con il culo degli altri!!

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  15. @ganjalf
    bisogna accettare è che la ricerca in tutto il mondo va proprio verso questa direzione: il gruppo di ricerca è una sorta di impresa che continua ad esistere se riesce a finanziarsi, non c'è niente di male in questo. In genere solo la figura apicale ha una tenure ed in genere se l'è ampiamente meritata e non è il tipo di persona che appena ottiene la tenure sisiede e non fa più nulla. È ovvio che non ci può essere un doppio registro con persone attive e precarie accanto a fannulloni a tempo indeterminato. Infatti nel mio messaggio scrivevo che questi andrebbero come minimo messi ad esaurimento se non addirittura mandati a casa.
    Per quanto riguarda malattia, gravidanza ecc. sono il primo a difendere questi diritti. Non sta scritto da nessuna parte che questi diritti sono negati a chi ha contratti a tempo determinato. In Italia siamo abituati che precario significa condizioni lavorative assimilabili alla schiavitù, questo deve sicuramente cambiare e più volto ho scritto che bisognerebbe avere il coraggio di eliminare gli assegni di ricerca ed avere esclusivamente RTD, selezionabili anche con profilo specifico. La sicurezza del posto di lavoro se ne è andata con la globalizzazione e fa ormai parte della storia, sarebbe bene rassegnarsi. Comprendo che vedere persone stabili e nullafacenti fa rabbia ma c'è poco da fare. Bisognerebbe invece concentrare gli sforzi nell'ottenimento di misure che limitino il disagio nel momento in cui un progetto finisce e si rimane a spasso. Nella disastrata Spagna per esempio esiste il "paro". Qualsiasi lavoratore ha assicurato l'80% dello stipendio per un numero di mesi pari a quelli che ha lavorato fino ad un massimo di un anno. Poi una percentuale ridotta per un altro anno. Se tutto il sistema funziona così e non sei un'ameba, in un anno dovresti trovare un'altra posizione. Nella Svezia del welfare non esiste nulla del genere. Esistono assicurazioni che ti paghi mese per mese e ti garantiscono un salario basso per un anno se perdi il lavoro. Le soluzioni ci sono, si tratta però di avere coraggio ed accettare cambiamenti sociali importanti e non rimanere ancorati al passato, guardandolo con rabbia.
    Ciao,
    V.

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    1. Vladimir,
      bisogna anche accettare che in una realtà complessa come quella della ricerca non può esistere un'unica forma di contratto (come non può esistere un pensiero unico)......ad esempio io sono un libero professionista e sono abituato per natura a non avere ferie, malattia, indennità, ecc. ecc. nonché a trovare i clienti (oppure i finanziamenti) mettendomi sul mercato.....a me potrebbe fare comodo un assegno di ricerca (oppure un contratto d'opera), mentre Te e Gandjalf avete (giustamente e legittimamente) altre esigenze......per questo deve esistere un sistema plurale di contratti, di finanziamenti e di incentivi (compresi quelli fiscali, altrimenti le aziende non investono nella ricerca).....tutto il resto mi sembra giusto sul piano teorico ma ormai non trova un corrispondente profilo nella realtà....è inutile inveire contro gli strutturati....ormai quel modello è finito...che poi la politica non abbia il coraggio di cambiarlo è un discorso di flussi elettorali.....in questo momento non ci sono (e non ci saranno per diversi anni) soldi pubblici quindi la leva degli incentivi fiscali è immediatamente azionabile....io mi occupo di fund raising e quando le imprese sentono certi costi (150 mila euro per tre anni) vorrebbero poi sapere se possono recuperarli sotto forma di credito di imposta...ecc....ecc..oppure pensate che ci diano i soldi perché siamo bravi e belli? Suvvia......

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  16. aggiungo che per questo motivo sono contrario agli sgravi fiscali. Questi sono la strada maestra verso il deterioramento delle condizioni lavorative. Non è semplicemente possibile che un ricercatore italiano costi la metà di un ricercatore nel resto del mondo occidentale e metterci una pezza con provvedimenti a tempo.
    V.

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  17. Il problema è che è semplicemente vergognoso che una massa di RTI nullafacenti protestino anche per le poche ore di lezione che fanno e che vogliano l'abilitazione di diritto!
    Sono strapagati (i più vecchi anche più di 2000 euro netti al mese, quindi decisamente di più di un RTD che può perdere il posto in ogni momento!) e ignoranti, questa è la verità. Andrebbero cacciati o almeno prepensionati per fare largo ai giovani.

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  18. @mariuccia
    su questo penso proprio che troverai tutti perfettamente d'accordo. Purtroppo alcuni non sono nemmeno troppo vecchi. Bisognerà rassegnarsi ad aspettare che si estinguano ma vanno messi ad esaurimento subito. La tragedia e se continueranno ad essere reclutati ed ancora più tragico è che ci siano giovani precari che ambiscono principalmente a prendere il loro posto.
    V.

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  19. siete sicuri che parliamo della stessa europa:

    http://www.flcgil.it/scuola/precari/stabilizzazione-precari-l-udienza-della-corte-di-giustizia-europea.flc

    Dai che rimaniamo fuori solo noi. Forza con un pò di impegno possiamo farcela anche questa volta!! Saremo gli unici a guadagnarci con il MERITO dei bei contratti di merda!!!

    PS: i giovani precari che ambiscono principalmente a prendere il loro posto hanno la metà dei loro anni e il doppio dei loro titoli. Mi sembra un ambizione più che legittima!

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  20. Il rappresentante della Commissione europea ha ribadito come sono a conoscenza che per 12 anni non si sono baditi concorsi e come sul precariato bisogna distinguere le ragioni sostitutive quale ragioni obiettive dalla supplenze su posti vacanti e disponibili.
    Si tratta di una decisione storica che se applicata a tutto il pubblico impiego portera' all'assunzione di 300.000 precari, di cui la meta' nella scuola "Abbiamo dimostrato, infatti, come nel corso di dieci anni il numero dei precari e' aumentato e con esso il costo di spesa pubblica a dispetto della spending review. Il ministro Giannini proceda immediatamente a stabilizzare 125.000 nella scuola su posti vacanti e disponibili che abbiamo accertato per evitare cause che porterebbero a risarcimenti danni superiori a 4 miliardi di euro."


    Ovvimente dai noi preverrà la linea medioevale pseudo-oligarchica!!

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  21. @marcomar
    in linea di principio, se ci fosse libertà di scelta, sarei d'accordo con te. Però ci scontriamo con una realtà dove questa moltitudine di contratti, contrattini ed attività libero professionali vengono abusati a danno del lavoratore. Quando lavoravo in Italia sono stato costretto ad aprire la partita iva per effettuare turni con orari prefissati su base mensile, in pratica la negazione della libera professione. Per quanto riguarda gli assegni di ricerca, nella stragrande maggioranza dei casi sono utilizzati perchè "costano meno" a parità, più o meno, di reddito netto per il lavoratore. Questo minor costo però è tutto a suo danno, veramente è questa la strada che vogliamo seguire? Addirittura la legge fornisce una giustificazione alla scelta dell'assegno posizionandolo come unico contratto dove si possa inserire un profilo. Qualcuno mi spiega perchè se vengo assunto senza profilo ho diritto ai contributi e se vengo assunto attraverso un profilo (probabilmente con fondi che ho trovato io o almeno contribuito a trovare) non ne ho diritto?
    Per quanto riguarda gli sgravi fiscali alle aziende, non vedo l'ora che queste possano detrarre tutto o parte di quello che investono in ricerca, anche finanziando posizioni universitarie. Questo meccanismo però è ben diverso da quello di esentare dal pagamento dell'irpef il lavoratore. A conti fatti, il costo economico per lo stato sarebbe uguale: per quale motivo preferire il secondo?
    Capisco la necessità di trovare soluzioni veloci ma bisogna anche avere una visione di lungo termine sull'ammodernamento del sistema.
    V.

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    1. Caro Vladimir,
      lo sai che la riforma Fornero i contributi della gestione parasubordinati sono stati quasi portati allo stesso livello della gestione ordinaria? Perché dici che chi ha un assegno non ha i contributi? Ma stiamo scherzando? Un eventuale abuso delle posizioni autonome comporta una soppressione delle stesse? Non ci si sforza neanche un pochino per capire da cosa possano derivare tali abusi? Lo sai che la proposta di legge dell'on. Capua è ostacolata dal M5S? Ti sei chiesto come mai gli RTD escono con il contagocce?

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  22. @ganjalf
    per ambire a prendere il loro posto, intendo ambire ad entrare in un sistema che continua a funzionare nello stesso modo, con un ristretto numero di privilegiati che mantengono la loro posizione grazie ad un molto più ampio numero di persone sfruttate in maniera indegna, sottopagate e private di diritti che dovrebbero essere garantiti. Se si fa l'ope legis, cui tu ti riferisci spesso, ci sarà comunque chi rimane fuori e si troverà in condizioni ancora peggiori dei precari di oggi

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  23. scusate gli RTI che conosco io hanno tra i 40e i 50 anni spesso sono la parte attiva del gruppo di ricerca, sono più produttivi dei loro PA e PO e anche loro l'hanno presa in tasca perché pur essendo bravi hanno avuto davanti il tappo degli opelegis che non gli ha consentito di far carriera. chi l'ha messa in quel posto a loro e poi x effetto domino, a noi, è porno la generazione dei 60/70enni figli del68. entrati facilmente perché serviva ampliare il numero di prof.hanno poi fatto carriere sfolgoranti con curricula imbarazzanti: molti di loro, chiamati come assistenti, passati opelegis a PA sono poi diventati PO sottoponendo titoli, quindi di fatto NON hanno neanche mai affrontato una commissione di concorso!!! Sono loro il male!!!

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  24. L'ope legis è l'unica via percorribile, o tutti o nessuno. Comunque credoche nessuno di noi ce la farà o molto pochi e non per forza i migliori.

    Marcomar, gli RTD escono con il contagocce ma forse è meglio così essendo una figura assurda senza possibilità di futuro (vedi tipologia (a)). Se hai 150000 euro puoi fare diventare ricercatore anche il tuo maggiordomo.

    Per il resto lasciamo che i filo-banchieri se ne stiano alla larga dalle Università. Oltretutto molti di loro non sembrano aver disdegnato posizioni di ruolo a t. indeterminato raggiunte oltretutto in giovanissima età.

    Tanto di cappella certo, ma il neo-liberismo vissuto con le chiappe al riparo di mamma stato è meno fastidioso. La persona di cui parlate di cui parlate, piglia un bel pò di soldini nei banchi romani ed una volta finita l'avventura potrà tranquillamente tornare a dormire nella propria dimora ed a insegnare nella propria sede, come bel ricordo le rimarrà un bel vitalizio, alla facciaccia tua e del tuo found raising!! L'obiettivo di queste persone è uno solo, tagliare la spesa, ma che sia quella degli altri.

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  25. Ganjalf, a parte la vis polemica ed il consueto livore, parlerò con il ministro della DDR per fare l'ope legis, così potrai girare con la Trabant sulle strade di Berlino Est....

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  26. Ganjalf, a parte la vis polemica ed il consueto livore, parlerò con il ministro della DDR per fare l'ope legis, così potrai girare con la Trabant sulle strade di Berlino Est....

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  27. Peccato che la discussione sia sempre tra noi 4 max 5 "sfigati"...che su un 20.000 circa precari è pochino.
    D'altra parte meglio un F35 di una ope legis che restituisca a molta gente la dignità meritata, alla faccia di Berlino Est.

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